La IX Biennale europea di Genova ci consente di estendere lo sguardo su orizzonti geografici e disciplinari più vasti di quelli abituali, coi quali è interesse della urbanistica potersi misurare.
La Biennale, che per la seconda volta approda in Italia dopo il grande successo del 1997 a Roma, è l’occasione per allineare molte tematiche disciplinari sul comune sfondo europeo, valutando in un quadro allargato esempi e tendenze che hanno al centro città e territori, in una vicenda che opera su scala continentale, e che impone necessari confronti, dato che siamo indissolubilmente associati ad un agire in uno spazio economico comune, fatto di opportunità e di sfide che devono entrare anche nella agenda dell’urbanistica.
La Biennale si propone di fornire alcuni spunti che si collocano a cavallo tra trasformazione fisica di città e territori e dinamiche di sviluppo economico all’interno di un contesto, quello europeo, che ha fatto della competitività – urbana e territoriale - un paradigma obbligato.
Ci si è proposti uno sviluppo dei seguenti temi:
le città che svolgono funzione di gateway, e non solo quelle portuali, in quanto luoghi di accesso ai servizi materiali e immateriali da parte di economie urbane e territoriali sempre più risucchiate in una dinamica competitiva che va oltre la scala locale, come a quella nazionale e internazionale;
l’impatto delle grandi infrastrutture transnazionali destinate a favorire l’accessibilità e la crescita degli scambi per sostenere l’ integrazione economica all’interno del mercato unico europeo;
il formarsi di vasti sistemi territoriali, sorta di macro regioni, che evolvono come piattaforme per offrire una gamma di opportunità di investimento, in cui la creazione di reddito e di occupazione si misura con problemi di congestione, inquinamento e convivenza multietnica;
quel concetto di smart planning, neologismo internazionale associato al principio di pianificazione intelligente e sostenibile, che costituisce uno spunto di riflessione multidisciplinare fatto proprio e riproposto anche dalla UE;
la dimensione della variabile demografica nelle nuove dinamiche di domanda e offerta di lavoro, che si determinano a livello internazionale, e che nelle città hanno l’epicentro della sfida alla integrazione.
In sostanza, uno sguardo per valutare quanto e come alcuni problemi urbani siano comuni, e come altri contesti istituzionali europei interpretino le risposte alle sfide comuni. Ma saremmo reticenti se ci nascondessimo come l’ osservatorio europeo ci obbliga a considerare alcune macroscopiche dinamiche disgiuntive in atto a livello continentale. La crisi mondiale ed europea evidenzia una diversa capacità di reazione tra le regioni del centro e della periferia comunitaria, dove il centro tende a coincidere con il tradizionale cuore continentale - il pentagono -, in buona misura compreso tra l’area alpina e il Mare del Nord. E la periferia soprattutto col Sud, l’ Ovest e l’ Est. Questa dinamica pone in evidenza la accentuazione di una frattura presente anche nel territorio italiano, riconducibile al rapporto Nord-Sud.
Si tratta del processo di cosiddetto riposizionamento competitivo in atto in tutta Europa, su base urbana e regionale, che sconta i ben noti vantaggi e svantaggi della situazione di origine, ma che rischia ora di allungare quelle distanze che si volevano accorciare con la creazione della Unione Europea E’ qui che all’urbanistica torna utile stabilire accostamenti tra consumo di suolo e formazione di PIL regionale, tra crescita e sviluppo, tra investimenti produttivi e dinamiche immobiliari, tra accessibilità e creazione di valore aggiunto, tra qualità dei servizi e attrazione di investimenti esterni, che rende competitive e accoglienti le città, per imprese e cittadini.
Nella ricerca di parametri e di scale di confronto appropriati a stabilire correlazioni significative tra fenomeni economici e dinamiche insediative, la scala urbana è destinata sempre più a proiettarsi nella dimensione metropolitana per definire il modello necessario al governo dei processi in cui è coinvolta. Questo pone l’accento sul necessario allargamento della base territoriale che ospita e determina, da noi come altrove, le vere dinamiche del governo urbano. Si tratta di un problema non eludibile nel momento in cui si ragiona sulla riorganizzazione competitiva di città e regioni.
In una fase in cui in Italia sono in discussione argomenti cruciali, come la riorganizzazione federalista e la relativa riforma della fiscalità territoriale, pare difficile sfuggire ad un confronto stringato del rapporto tra risorse, investimenti e competitività territoriale da cui dipendono, in ultima analisi, le sorti delle nostre città e regioni.
Ma questa Biennale, per la sua collocazione in una grande città mediterranea come Genova, ha la ambizione di allungare lo sguardo anche su di una dimensione marittima che riteniamo importante, per l’Italia e per l’Europa. Il Mediterraneo, che sembra ora poter rientrare nella grande storia, quella da cui è stato progressivamente emarginato con la entrata in campo delle rotte oceaniche a partire dal XVI secolo.
Oggi le rotte commerciali col Sud Est asiatico offrono opportunità nuove ai porti mediterranei per ricominciare a servire il tradizionale hinterland Centro Europeo, mentre i cambiamenti epocali in atto nella sponda nordafricana suggeriscono un nuovo scenario di relazioni tra le due sponde, che ancora stentiamo a focalizzare, ma che è certo nostro compito di costruire. Questi cambiamenti, che potremmo definire epocali, sono destinati ad avere un impatto urbano e regionale sui paesi del Sud Europa, e sull’Italia per prima. Ma facciamo attenzione, perché nulla è scontato: il vantaggio geografico non garantisce un parallelo vantaggio economico, se non assistito da una offerta infrastrutturale adeguata e da una strategia di investimenti di lungo periodo. Nel mondo globalizzato le relazioni di prossimità geografica sono solo una opportunità. Sta alle città e paesi saperle trasformare in vantaggio permanente.