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L’Italia dell’energia pulita. Il rapporto ’comuni rinnovabili 2014’ di Legambiente

Lo scenario di evidente cambio climatico che sta investendo il pianeta e il nostro paese, ha lanciato un allarme a tutte le competenze che si occupano di territorio, nella sua duplice accezione, come sistema fisico naturale capace solo in parte di adattarsi autonomamente alle nuove condizioni ambientali, e come sfida a cambiare modello energetico. In questo panorama proprio la questione energetico assume un ruolo centrale, dove lo sviluppo delle fonti rinnovabili può di incidere sulla qualità e cercare una integrazione nel territorio, ma soprattutto perché driver fondamentale attraverso cui si possono perseguire obiettivi di mitigazione dei gas climalteranti, con benefici soprattutto nelle città in termini di inquinamento locale. Studi e rapporti internazionali dimostrano con sempre maggiore chiarezza quanto un cambio di rotta sia necessario per arginare le conseguenze e i rischi legati al global warming. Negli ultimi anni, queste nuove esigenze hanno accelerato anche in Italia il passo nella ricerca sul campo di nuovi processi, strumenti e dispositivi, sempre più all’avanguardia. Nel nostro Paese la crisi economica, con la riduzione dei consumi, e la crescita della produzione di energia pulita hanno determinato una trasformazione profonda del sistema energetico che merita di essere analizzata con attenzione. Di sicuro questi processi hanno sfatato una convinzione persistente: quella per cui solare, eolico, biomasse, avrebbero sempre avuto un ruolo marginale. Una tesi difficile oggi da sostenere perché la produzione da fonti energetiche rinnovabili è cresciuta tanto da mettere in crisi gli impianti termoelettrici. La metamorfosi avvenuta nel sistema energetico e produttivo italiano, a seguito della crisi e di nuovi processi, nazionali e legati alla globalizzazione, è profonda; le città sono oggi i laboratori di sperimentazione dell’innovazione; il territorio, nella sua più ampia accezione, il luogo che registra e deposita gli effetti del cambiamento e ne restituisce di conseguenza i risultati.
Anche quest’anno, come è tradizione ormai dal 2006, Legambiente ha raccolto e consegnato i dati relativi all’uso e produzione di energia pulita nei comuni italiani, per raccontare le forme con cui si stanno diffondendo le rinnovabili nei nostri territori, e per sottolineare questioni ancora aperte, che meritano riflessioni urgenti e più profonde. Il ’Rapporto Comuni Rinnovabili 2014’ fotografa una situazione rinnovata e di crescita nel settore, la cui traiettoria fa ben sperare rispetto al futuro energetico del nostro paese; allo stesso tempo, si palesa la necessità di continuare a ragionare su un più costruttivo rapporto tra energia e territorio, e ad investire ancor più risorse, per seguire questa strada di cambiamento, strategica e tra le prioritarie, per redimerci dalla crisi.
Il Rapporto, realizzato incrociando le risposte con i dati che provengono dal GSE, dall’Enea, da Itabia e Fiper, dall’ANEV e con le informazioni provenienti da Regioni, Province e aziende, ha registrato la presenza di rinnovabili in tutti gli 8.054 comuni italiani. Malgrado un calo rispetto allo scorso anno nella dimensione, anche nel 2013 è aumentata la diffusione per tutte le fonti, dal solare fotovoltaico a quello termico, dall’idroelettrico alla geotermia ad alta e bassa entalpia, agli impianti a biomasse e biogas integrati con reti di teleriscaldamento e pompe di calore, e per tutti i parametri presi in considerazione. Il documento descrive questi cambiamenti mettendo in luce soprattutto un dato: la capacità di questi impianti di produrre energia in rapporto ai consumi, in particolare delle famiglie. Per far capire come il contributo di questi impianti sia fondamentale nel rispondere direttamente alla domanda elettrica di case, aziende, utenze, perché essi accorciano la rete e si integrano con altri impianti efficienti. Grazie a questi cambiamenti, insieme a quelli sull’efficienza energetica, il bilancio energetico italiano non solo sta diventando più pulito e meno dipendente dall’estero, ma anche più moderno perché distribuito sul territorio.
Grazie alla produzione da fonti rinnovabili, sono 2629 i Comuni in Italia autonomi rispetto ai consumi elettrici e 79 rispetto a quelli termici delle famiglie. In particolare, il Rapporto mette in luce il risultato di 29 Comuni al 100% rinnovabili; realtà in cui, un mix di impianti diversi da rinnovabili e impianti a biomasse, allacciati a reti di teleriscaldamento, coprono interamente, anche superando, i fabbisogni elettrici e termici dei cittadini residenti. L’aspetto che più di tutti appare interessante e che conferisce un merito rilevante a questi 29 comuni, è che essi dimostrano quanto sia vantaggiosa, per rispondere alla domanda locale, una politica d’integrazione al territorio che valorizzi le risorse rinnovabili presenti.
L’insieme di questi risultati registrati va compreso in tutta la sua portata. In questi anni si è ridotta la produzione da impianti termoelettrici, sono diminuite le importazioni dall’estero di fonti fossili, ossia quella degli impianti più inquinanti, e con questa sia le importazioni dall’estero per le fonti fossili, che le emissioni di CO2, con indubbi vantaggi anche economici legati al protocollo di Kyoto. Nel 2013 si è ridotto ancora il prezzo unitario nazionale dell’energia alla borsa elettrica, e non solo per via della contrazione della domanda dovuta alla crisi, ma anche per la concorrenza legata all’irruzione sul mercato di 49TWh da rinnovabili dal 2000 ad oggi. Le potenzialità per continuare in questa direzione, creando anche vantaggi per le bollette di famiglie e imprese, sono oggi rilevantissime. Ma serve una politica che accompagni le diverse tecnologie che producono energia pulita verso la prospettiva, sempre più vicina, della grid parity rispetto all’energia prodotta dalle centrali termoelettriche.
Nel Rapporto di Legambiente sono presenti una serie di proposte per continuare nella crescita delle rinnovabili in uno scenario dove si ridurranno gli incentivi ma sarà possibile usufruire di tecnologie sempre più competitive. Due temi particolarmente interessanti riguardano da vicino il rapporto con il territorio.
Il primo riguarda la presa d’atto di come il futuro delle rinnovabili passi per l’autoproduzione. Ossia edifici, quartieri e ambiti territoriali che progressivamente riescono, attraverso impianti termici ed elettrici puliti, a diventare autonomi nel soddisfare fabbisogni ridotti grazie ad attenti interventi di efficienza energetica. Assieme all’autoproduzione sono le smart grid e una innovativa gestione delle reti di distribuzione l’altra gamba per costruire una generazione più efficiente e integrata, dove si avvicina e scambia energia in rete, integrata con impianti di accumulo. Nel rapporto vengono presentati alcuni esempi efficaci, come quello di Prato allo Stelvio – dove una gestione cooperativa delle reti ha prodotto innovazione e riduzione delle bollette – per far comprendere come si possa riuscire a soddisfare i fabbisogni attraverso impianti rinnovabili ed efficienti che utilizzano in modo innovativo le reti elettriche e di teleriscaldamento. L’obiettivo sta nell’aiutare tutti coloro che riescono ad autoprodurre l’energia elettrica e termica di cui hanno bisogno. In questo modo infatti si riduce complessivamente la domanda di energia e si utilizza la rete di meno e per un interscambio sempre più efficiente tra consumatori/produttori. Perché questa strada diventi possibile occorre “liberare” l’autoproduzione di energia elettrica e termica da FER, togliendo ogni limite allo scambio sul posto e aprendo ai contratti di vendita diretta dell’energia pulita e efficiente, alle reti di proprietà privata o di cooperative, e a una riduzione della fiscalità per i progetti da fonti rinnovabili, con detrazioni fiscali per gli investimenti per sistemi di stoccaggio, impianti e reti di distribuzione locali (smart grid e reti di teleriscaldamento). Diventerebbe così possibile per imprese e cooperative sviluppare progetti per la produzione di elettricità e calore da FER e la gestione al servizio di condomini, case, uffici, attività produttive. Una liberalizzazione che sarebbe realmente al servizio dei cittadini e delle imprese capace di ridurre la spesa energetica in una dimensione che nessun’altra strategia energetica sarebbe in grado di fare. Per realizzare questo cambiamento occorre un intervento normativo che renda possibile il superamento di barriere e divieti oggi anacronistici e che chiarisca i termini tecnici per questi nuovi contratti (sistemi efficienti di utenza, reti interne di utenza, vendita diretta dell’energia).
Il secondo tema, per continuare in questa prospettiva, riguarda la necessità di avere regole chiare e trasparenti per l’approvazione dei progetti da rinnovabili che sono la condizione per uno sviluppo integrato nel territorio e libero da appetiti della criminalità. Serve un salto di qualità attraverso procedure che permettano di dare certezze agli interventi integrati nel territorio, compatibili con l’ambiente e il paesaggio, semplificando le autorizzazioni per gli impianti più piccoli e chiarendo vincoli e valutazioni per quelli più grandi. In questi anni sono stati al centro di polemiche impianti e episodi di illegalità nel settore, con perfino fenomeni di infiltrazioni mafiosa. La responsabilità è in un quadro di regole nazionali e regionali inadeguato a garantire la trasparenza, in un sistema di incentivi che non premia gli interventi ben fatti e gli imprenditori onesti, per dare certezza agli investimenti. L’incertezza delle procedure è ancora oggi una delle principali barriere in Italia alla diffusione degli impianti da fonti rinnovabili. Le difficoltà nell’approvazione degli impianti riguardano interventi piccoli e grandi, cittadini e aziende, in quasi ogni Regione italiana. In molte Regioni italiane è di fatto vietata la realizzazione di nuovi progetti da rinnovabili per diverse tecnologie, visto l’incrocio di burocrazia, limiti posti con il recepimento delle linee guida nazionali e veti dalle soprintendenze (in particolare contro l’eolico). Bisogna aprire un confronto sulle regole di approvazione degli impianti da fonti rinnovabili, sfruttando l’opportunità anche giuridica di intervento legata all’entrata in vigore del Burden Sharing, che consente al Ministero dello Sviluppo Economico di andare a vedere nelle Regioni quanto fatto. Proprio perché gli obiettivi di sviluppo nelle diverse Regioni sono oggi vincolanti, queste devono spiegare come intendono raggiungerli e dunque qualsiasi scelta di opposizione alle tecnologie deve essere motivata. In alcuni territori le Soprintendenze hanno assunto un atteggiamento esplicitamente avverso nei confronti di qualsiasi impianto da fonti rinnovabili, bloccando ogni tipo di installazione. Incredibile è la situazione che riguarda gli impianti eolici off-shore dove l’assenza di linee guida sta portando a un blocco di qualsiasi progetto. Sono due i temi prioritari per quanto riguarda l’autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili. Il primo obiettivo concerne la semplificazione degli interventi di piccola taglia. La realizzazione di un impianto domestico di solare termico e fotovoltaico sui tetti, o di minieolico e geotermia a bassa entalpia, deve realmente diventare un atto semplice, grazie a informazioni e regole trasparenti, e per questo libero e gratuito. Il secondo obiettivo riguarda, invece, la definizione di criteri trasparenti per gli studi e le valutazioni ambientali specifiche per gli impianti eolici, idroelettrici, da biomasse, geotermici, solari di medio-grande taglia. L’articolazione regionale delle Linee Guida dovrebbe, in particolare, fare chiarezza sui temi più delicati d’inserimento degli impianti rispetto alle risorse naturali e al paesaggio. In modo che un’azienda o un cittadino sappia con chiarezza, da subito, se e a quali condizioni un impianto è realizzabile in quel territorio, quali studi deve effettuare, evitando inutili polemiche e conflitti.

Secondo il nuovo rapporto dell’Ipcc, pubblicato lo scorso 31 marzo, elaborato dopo una settimana di lavori a Yokohama, in Giappone, gli effetti del climate change, continueranno a farsi sentire nel prossimo futuro, saranno vasti e potenzialmente irreversibili. Gli eventi climatici estremi saranno sempre più frequenti, l’acidificazione degli oceani continuerà a crescere e l’innalzamento del livello dei mari minaccerà più intensamente le regioni costiere. Dal 1990, anno di pubblicazione del primo rapporto dell’Ipcc, le emissioni di gas serra sono aumentate del 60 per cento, e tra il 2000 e il 2010 più rapidamente dei tre decenni precedenti: ogni anno abbiamo immesso nell’atmosfera un miliardo di tonnellate di gas serra in più rispetto all’anno precedente. Secondo gli esperti, per contenere l’aumento della temperatura globale entro i due gradi, il massimo considerato sostenibile, le emissioni dovrebbero essere ridotte da qui al 2050, almeno del 40% (meglio se del 70%). Un livello altissimo, una sfida difficilmente raggiungibile, se non attraverso una nuova coscienza nelle politiche e nel progetto di territorio.
E’ un allarme chiaro e l’Italia è chiamata a contribuire in maniera più attenta e profonda alla lotta alla riduzione delle emissioni; a guardare in maniera nuova e più critica il territorio, per incidere in maniera importante sulla saluta del pianeta e dell’ambiente in cui viviamo. L’insieme delle analisi e degli scenari proposti del Rapporto ’Comuni Rinnovabili 2014’ di Legambiente, è un buon viatico per lavorare in questa direzione; per mettere in campo nuove idee, pratiche e politiche, che contribuiscano alla riduzione dei consumi energetici, aumentando l’efficienza delle tecnologie esistenti e di nuova realizzazione, verso una più intensa e intelligente attivazione delle risorse rinnovabili nei territori che abitiamo.

Data di pubblicazione: 21 giugno 2014