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Inquinamento atmosferico

L’inquinamento atmosferico, ovvero la presenza in aria di una o più sostanze in concentrazioni tali da poter produrre degli effetti avversi sulla salute umana e degli organismi viventi, può essere sia di origine antropica, che di origine naturale. Diverse sostanze in fase gassosa (ad esempio ossidi di azoto, monossido di carbonio, biossido di zolfo, ozono) e composti organici volatili (ad esempio il benzene) sono di particolare rilevanza; grande attenzione è rivolta al materiale particolato (PM) ovvero l’insieme delle particelle solide o liquide sospese in aria, caratterizzate da diversa dimensione e composizione.
L’inquinamento dell’aria è connesso con i cambiamenti climatici: quando si usa un combustibile contenente carbonio, nei veicoli a motore endotermico, nella produzione energetica, negli impianti industriali e per il riscaldamento civile, ai prodotti inquinanti della combustione si accompagna anche l’emissione del principale gas climalterante, l’anidride carbonica. Inoltre, alcune sostanze aerodisperse che hanno rilevanza per gli effetti sulla salute e sugli ecosistemi, o che, attraverso reazioni chimiche che avvengono in atmosfera, contribuiscono alla formazione di sostanze nocive, sono al contempo dei cosiddetti climalteranti “a vita breve”, come ad esempio le particelle carboniose residuo delle combustioni (note come black carbon), l’ammoniaca e il metano, emessi dalle attività agricole e zootecniche, l’ozono che si forma in troposfera da ossidi di azoto e composti organici volatili.
La qualità dell’aria nelle città è uno dei più rilevanti temi ambientali all’attenzione delle istituzioni. L’Oms ha individuato l’inquinamento atmosferico come il principale fattore di rischio ambientale tra quelli che contribuiscono alle malattie non trasmissibili, come ictus, cardiopatia ischemica, malattia polmonare cronica ostruttiva e cancro ai polmoni (WHO 2021).
Le stime sanitarie più accreditate attribuiscono una porzione significativa di morti premature e riduzione della speranza di vita legate all’esposizione agli inquinanti atmosferici (EEA 2023).
L’inquinamento atmosferico è un fenomeno che interessa vaste porzioni di territorio: le città ma anche i piccoli centri e le zone rurali. In Italia, il bacino padano rappresenta un unicum da questo punto di vista; le fonti di inquinamento sono diffuse e significative non solo nei grandi centri abitati. Infatti al traffico veicolare urbano, extra urbano e autostradale nelle arterie di connessione tra le città, si aggiunge l’uso, diffuso di legna e derivati come combustibile per il riscaldamento; le attività agricole e zootecniche distribuite sul territorio, determinano il rilascio in atmosfera di ammoniaca e composti organici volatili, che contribuiscono ai livelli del particolato fine [1] partecipando alle reazioni chimiche che coinvolgono anche gli ossidi di azoto prodotti in prevalenza dai veicoli da cui si formano nuove particelle in atmosfera. L’intero bacino, inoltre, è caratterizzato da periodi di stagnazione atmosferica invernali (inversione termica a bassa quota, alta pressione livellata, assenza di precipitazioni, vento molto debole o assente) che determinano l’aumento dei livelli di inquinamento e favoriscono i processi di formazione di nuove particelle (SNPA 2024).
Oggi la consapevolezza sui danni prodotti dall’inquinamento atmosferico, unita all’esigenza di agire per ridurre le emissioni di gas climalteranti, richiede misure strutturali, frutto dell’azione sinergica ai vari livelli territoriali di governo, dalla scala globale fino a quella locale. Le azioni che riguardano la sfera della mobilità delle persone e delle merci nelle aree urbane, unite a quelle relative all’aumento della disponibilità e fruibilità di verde urbano, devono andare verso forme di mobilità collettiva a minimo impatto emissivo e ciclo-pedonale. Il coinvolgimento attivo dei cittadini nelle azioni per la riduzione dell’inquinamento atmosferico può dimostrarsi particolarmente efficace: è il caso, ad esempio, dell’uso consapevole degli impianti di riscaldamento, in particolare di quelli alimentati a legna o derivati. Infine, diversi studi hanno dimostrato come i costi per migliorare la qualità dell’aria possono essere ampiamente compensati dalla riduzione dei costi esterni che gravano sulla collettività (Piersanti et al. 2021), determinati dagli effetti sulla salute, sugli ecosistemi e sui beni culturali.

Riferimenti

EEA-European Environmental Agency (2023), Air quality in Europe 2022. Web report [https://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2022 [https://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2022]].
Piersanti A., D’Elia I., Gualtieri M., Briganti G., Cappelletti A., et al. (2021), “The Italian National Air Pollution Control Programme: Air Quality, Health Impact and Cost Assessment”, Atmosphere, vol. 12, 196. https://doi.org/10.3390/atmos12020196 [https://doi.org/10.3390/atmos12020196]
SNPA (2024), La qualità dell’aria in Italia edizione 2023, Report ambientali SNPA, no. 40/2024.
World health organization (2021), WHO global air quality guidelines: particulate matter (PM2.5 and PM10), ozone, nitrogen dioxide, sulfur dioxide and carbon monoxide, World health organization, Geneve.

[1La frazione del particolato con diametro aerodinamico inferiore o uguale a 2.5 micrometri o PM2,5, che una volta inalata ha un’elevata probabilità di raggiungere, a causa delle piccolissime dimensioni, la zona alveolare e quindi attraverso il sistema circolatorio di diffondersi negli altri organi.

Data di pubblicazione: 14 giugno 2024