Urbanistica Informazioni Le riforme che il Paese si aspetta per i trasporti, la logistica, e per la mobilità sono orientate ad un passaggio dalla visione di settore alla visione di sistema?
Francesca Moraci Il dibattito sui temi delle riforme, per la parte che incide sulle infrastrutture, si è focalizzato in particolare su due grandi settori: la necessità di politiche di sviluppo e un sistema normativo per rendere le infrastrutture veramente strategiche per il Paese con a base lo snellimento delle procedure e il superamento della carenza di programmazione nazionale. Dobbiamo puntare ai nuovi spazi di mercato e contemporaneamente colmare il gap strutturale e infrastrutturale.
U.I. Come bisogna riposizionarsi in termini di km di strade e ferrovie e infrastrutture di eccellenza?
F.M. Tutti gli interventi prevedono il potenziamento dei collegamenti ferroviari, l’adeguamento della prestazione delle linee per sviluppare il traffico merci, l’efficientamento dei collegamenti con i porti e il potenziamento dei collegamenti con gli aeroporti. Resta ancora da dettagliare la strategia complessiva per il Sud in particolare nei nodi- non solo quelli urbani non collegati, e/o fuori dalle reti TEN-T, (in particolare Calabria e Sicilia in termini di ferrovia, ultimo miglio). Dalla stampa apprendo che l’estremo sud si aspettava che il DEF desse risposte più incisive, rispetto a quanto dichiarato dalla politica, da quanto a suo tempo previsto dallo sbloccaitalia, tenuto conto del controverso impatto territoriale della riforma delle Autorità portuali in particolare per alcuni porti meridionali per i quali andrebbe indicata la prospettiva, degli aeroporti e della fase ancora non a regime di alcune città metropolitane. In senso generale e complessivo la questione trasporti/infrastrutture deve essere valutata anche con la revisione in adeguamento del Piano generale dei Trasporti e della logistica (2001) e con il Documento Pluriennale di Pianificazione (DPP) a cui il l’allegato Connettere l’Italia fa riferimento. Il tema delle “infrastrutture utili” per competere è centrale e deve dare una risposta in termini di visione strategica convincente non solo di una parte del Paese, ma anche di quella che registra un forte gup strutturale e infrastrutturale nella visione strategica di Sistema e di relazioni sia domestiche e territoriali che euro mediterranee all’interno delle nuove geografie dei flussi. Venti anni fa, la Sicilia contribuiva per 1/8 al Pil italiano, oggi lo fa per 1/18, a dispetto del fatto di essere una delle regioni più grandi e popolose del Paese.
Su questo fronte bisogna cambiare. Le ferrovie occupano un ruolo fondamentale nella strategia merci e persone, a livello europeo non a caso infatti entro il 2030 il 30% del traffico stradale dovrà essere trasferito su ferrovia e entro il 2050 il 50%. Da ciò si evince che il Sud deve essere dotato di ferrovie efficienti in termini, anche, di alta capacità e alta velocità (o almeno velocità alta ) senza rotture nel sistema di rete. Bisogna adeguare e migliorare le condizioni tali da garantire l’efficacia delle reti TEN. In caso contrario le reti risulterebbero inadeguate ai tempi standard, ai nuovi vettori merci (750 metri) e passeggeri (1500 metri) in termini di connessione con lo spazio europeo ivi inclusi i porti e gli aeroporti di interesse europeo (core) quanto quelli di interesse statale (comprehensive). Lo stesso vale per i nodi urbani e metropolitani tutti – a cui si aggiunge il TPL- non solo alcuni, né solo i nodi intermodali. In tal senso- indipendentemente dalla programmazione nazionale- stiamo operando una sperimentazione con il protocollo d’intesa QVQC- Quale Velocità Quale Città- che si occupa nello specifico dei nodi urbani/metropolitani e delle infrastrutture (corridoi). Il protocollo QVQC, tra FS Sistemi Urbani, ANAS e MIT- oltre ad università, enti, associazioni e istituzioni- ha avviato tre laboratori (Milano, Napoli e Area dello Stretto di Messina) che rappresentano livelli e problematiche diverse, che implicano la costruzione di strategie complesse, multidimensionali e di partecipazione. Casi pilota la cui logica combacia con la rete europea Urban Vitality- NuVit-, avviata lo scorso 19 aprile che si pone l’obiettivo di una pianificazione infrastrutturale e sviluppo dello spazio urbano- in termini transcalari e di ottimizzazione della vitalità sociale ed economica futura dei grandi nodi. Ciò avviene con l’attuazione di un living lab che attraverso l’implementazione, oggi , della governance, del management delle infrastrutture di trasporto, garantisca le sfide future della città, come politica di cluster TEN-T: connessione mobilità, sostenibilità, multidimensionalità tra il locale e la rete globale. Punti di accumulazione di nuove economie. Se volete una sperimentazione operativa e più “libera” rispetto ai documenti di programmazione citati, che parte dalla partecipazione, dibattito pubblico e operatori, per costruire un documento strategico che rappresenta l’accordo territoriale da sottoporre a livello nazionale per non tornare indietro ad ogni giro di politica locale sui grandi temi che interessano il Paese e l’ambito più locale. Questo fa molto riflettere sul ruolo delle città metropolitane – mi riferisco ad alcune in particolare – se non sufficientemente dotate di infrastrutture e fuori dalla connessione europea e globale delle TEN-T. Il nodo dell’Area dello Stretto è uno dei più delicati e irrisolti del Paese e non può aspettare. Le infrastrutture sono un servizio, l’intermodalità un obbligo, la logistica un asset, la mobilità sostenibile una necessità, anzi un diritto, un nuovo diritto da garantire.
Recenti studi dimostrano come si siano modificate le abitudini di vita con l’AV. Non si abbandona più il proprio territorio, la famiglia, il lavoro. Lo spostamento determina nuovi sistemi locali di lavoro e nuovo valore territoriale. Ecco perché le infrastrutture e la mobilità rientrano tra gli indicatori di welfare e con le infrastrutture materiali viaggiano anche quelle immateriali come la banda larga. Purtroppo non siamo sufficientemente pronti, né alla digitalizzazione diffusa da inserire tra gli standard procapite, né ad affrontare l’impatto di industria 4.0 in termini di ulteriore perdita di posti lavoro tradizionali, di mutazione del mercato del lavoro e di nuove professioni. Si pensi al gup della logistica italiana e ai servizi digitali per l’efficientamento della catena logistica, o all’auto senza guidatore. Anche le università stanno mutando l’approccio alla formazione professionale tecnica. Né affrontiamo con necessaria consapevolezza il decremento e invecchiamento demografico italiano e europeo per i prossimi 50 anni a fronte dell’incremento costante e a due cifre dell’Africa e Asia che costituiranno la futura forza lavoro europea. Tutte condizioni che influenzeranno la società futura e alle quali risposte bisogna pensare oggi.
U.I. Come bisogna pensare alle infrastrutture e ai trasporti?
F.M. Certamente le logiche che governano i sistemi dei flussi/trasporti via mare e via terra sono complesse e diversificate a seconda se per persone, merci, per livelli, funzioni, mercati, servizi, etcc, ma certamente che gli investimenti in infrastrutture siano una leva di PIL - oltre che investimento intergenerazionale, ormai è un dato unanime e facilmente riscontrabile. Non a caso nel 2014 è stata creata la Asian Infrastructure Investment Bank con un capitale dieci volte quello disposto in Europa dal Piano Marshall dopo la Seconda guerra mondiale. La mission è il finanziamento di infrastrutture in Asia-ferrovie, pipeline, trasmissioni elettriche e tutti gli altri asset di connettività-capaci di avvinare la Cina all’euromediterraneo. Questa banca sta già finanziando infrastrutture in Russia e Africa. Non collocarsi in questo sistema mondiale significa non solo essere territorialmente marginali, ma anche essere fagocitati da un MKT totalmente subìto e dall’impossibilità di intercettare aree di competitività sebbene a noi vicine. In parte ciò sta già accadendo in Italia rispetto ai due poli europei a Ovest e a Est, sebbene quest’ultimo parzialmente agganciato sul fronte adriatico per la presenza di porti italiani importanti e il Gottardo. La via della seta- ormai in piena operatività da anni, Suez e i corridoi africani hanno già indirizzato e/o consolidato il mercato.
Ad oggi sul fronte dei volumi di merci che viaggiano via mare abbiamo: il 48% delle merci italiane dirette all’estero (e il 75% dell’export verso i Paesi del Mediterraneo); il 67,7% delle merci importate. In Italia abbiamo 263 porti dei quali 24 già sedi di Autorità portuali. Di questi ultimi, 14 sono definiti, secondo la classificazione UE, core, in quanto presenti sui Corridoi “Mediterraneo”, “Scandinavo-Mediterraneo”, “Baltico-Adriatico”, “Reno-Alpi”. Vi sono, inoltre, 25 porti classificati come comprehensive. Tra i sistemi portuali che si affacciano nel Mediterraneo, quello italiano si contrae a fronte di una crescita del West Med e il deterioramento del posizionamento competitivo è riconducibile solo in minima parte agli effetti della crisi economica internazionale ed è dovuto prevalentemente alle variazioni della geografia del transhipment che, negli ultimi tempi, ha visto il Nord Africa superare l’Italia per volumi gestiti. Nell’ultimo decennio, infatti, i porti italiani hanno perso il 6,5% del traffico merci e il 7% del traffico passeggeri. I porti del Sud, che hanno una scarsa dotazione infrastrutturale, hanno sofferto in particolar modo (cfr. Taranto e Gioia Tauro), mentre al Nord alcuni porti, primo tra tutti quello di Genova, per fortuna hanno continuato a crescere e sono stati supportati anche da investimenti di rete (terzo valico), o intaccato il transhipment di altri porti.
Il traffico container cresce nei primi 30 porti Med che triplicano i passaggi Nord-Sud attraverso il Canale di Suez che aumenterà i traffici. In queste condizioni i porti gateway reggono meglio alla pressione concorrenziale, rispetto agli hub di transhipment, che hanno gradualmente perso quote di mercato.
Ma mentre “riordiniamo” con la riforma il sistema portuale italiano in Autorità di Sistema, sappiamo che la prossima revisione europea della dimensione core dei porti e dei corridoi sarà ancorata a nuove istanze immateriali e non solo ai flussi di merci e di persone. I porti più importanti dovranno dimostrare- per restare tali- la loro resilienza oltre alla sostenibilità - bisognerà programmare porti e distretti industriali sostenibili e trasporti sostenibili terra- acqua anche in termini di effetti derivati dal cambiamento climatico (anche con dighe a protezione) e energia (fornitura e produzione di energia con la riduzione dell’85% di emissioni nel settore industria e commercio; sicurezza idraulica e accessibilità) per incrementare trasporto merci e passeggeri entro il 2025. Cinque anni prima degli obiettivi sottoscritti al 2030 nell’accordo di Partenariato. Anche per le strade sarà così. Non a caso tra i punti in agenda nello Scandinavian- Mediterranean Core networking Corridor- Ideas labotory on roads and ITS - si pensa a una strategia per le infrastrutture stradali e i cambiamenti climatici , il finanziamento delle infrastrutture secondo nuove modalità, i trasporti intelligenti,e molto,molto altro.
A questo punto è più semplice rileggere i sistemi infrastrutturali , di rete, in una visione internazionale e moderna, anche secondo gli indirizzi dell’allegato infrastrutture da mettere in campo, sui quali siamo in ritardo in termini comparativi e competitivi. Le grandi città europee si trovano in questo spazio di connessione, la mobilità di merci e persone con nuovi treni, porti e nuove reti determineranno le connessioni extraeuropee, le economie, gli stili di vita, il lavoro. Serve cambiare l’impostazione nella costruzione delle politiche pubbliche in tema di territorio, città e infrastrutture tenendo insieme più logiche, svincolandosi da preconcetti, ideologie e luoghi comuni. Una cabina di regia unica e non di settore, più consapevolezza, informazione e responsabilità.
Per questo motivo non esistono grandi e piccole opere, esistono soltanto opere utili. Oggi il tema deve essere affrontato in una prospettiva interconnessa e con il giusto equilibro dinamico di cambiamento. Non abbiamo più Tempo.
U.I. Sul piano strategico le scelte di grandi aziende come anas e Ferrovie si vanno definendo nella convinzione che bisogna misurarsi sul piano globale. A che punto siamo?
F.M. Il progetto di una fusione con ANAS e Ferrovie dello Stato è oggi un dato di fatto, scelto per creare una grande azienda per le infrastrutture. La norma è prevista nella prossima manovrina. Naturalmente occorre superare alcune questioni amministrative, tecniche e finanziarie, che la norma dovrebbe esplicitare. L’obiettivo è di mettere a fattor comune finanza, progettazione e regia degli interventi infrastrutturali. Lavorando insieme Anas ed Fs possono creare una rete efficiente, senza strozzature o colli di bottiglia, unendo porti e aeroporti alle autostrade e alle città. Naturalmente alcune missions sono diversificate anche rispetto alla funzione sociale delle strade e la garanzia dei livelli minimi di servizio.
Ciò comporterà notevoli sinergie industriali: risparmi da economie di scala per circa 400 milioni, programmazione e progettazione integrata in Italia, sviluppo all’estero come general contractor (progettazione e costruzione di infrastrutture). ANAS sta già investendo in innovazione tecnologica sulle strade (sistemi di controllo radio, connessione internet o satellitare per aumentare la sicurezza o anche rendere possibili servizi senza conducente sulle strade). Nell’ambito del nuovo corso intrapreso si va verso un modello di retribuzione del servizio offerto, come analogamente avviene per altri sistemi di rete regolamentati, quali elettricità, gas, acqua, telecomunicazioni e aeroporti.
U.I. Qual è la consapevolezza da parte di enti, istituzioni, cittadini per assicurare anche una responsabilità pubblica?
F.M. La capacità dei territori, la responsabilità dei cittadini e dei diversi livelli di governo diventano gli elementi attivi della crescita e degli effetti territoriali di cambiamenti. Spesso è il capitale umano il vero deterrente al cambiamento, si vedano gli effetti della corruzione e la negatività prodotta sulle grandi opere. Anche sulla necessità di semplificazione burocratica e di competenza molto è stato detto, meno è stato praticato. Lo stesso Piano strategico nazionale della portualità e logistica affronta il problema con la creazione di uno sportello unico per i controlli (Agenzia delle Dogane) e uno sportello unico amministrativo. Anche le Città metropolitane dovrebbero pensare in tal senso facendo rete e coesione ed efficienza interna, con un’unica stazione appaltante, un unico gestore di servizi, un sistema di fiscalità che deriva da infrastrutture come porti e aeroporti. Le leggi da sole però non riescono a modificare la realtà. Ma ne indicano il punto di equilibrio di avanzamento culturale per un futuro prefigurabile. Per questo la conoscenza, l’informazione, la comunicazione giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del Paese. Direi che la conoscenza è l’infrastruttura immateriale più importante per la crescita . Serve però anche la capacità dei singoli che hanno ruoli e competenze.
Alcune delle riforme in campo determinano strumenti di pianificazione, spesa pubblica e poteri concorrenti. Penso spesso al sud come una macroregione che riesca a dialogare anche al suo interno. In fondo stiamo parlando di oltre 17 milioni di abitanti con un sistema di città metropolitane (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Messina, Catania e Palermo) che costituiscono la massa critica del sud. E in particolare il più grande sistema metropolitano del Paese. Come si può ancora pensare di non intervenire con più incisività sulla città, sulla sua rigenerazione, sul territorio, sulle riforme nel rapporto Stato/ Regione? Come si può pensare che le città non siano collegate in termini di servizi e tempi europei? Quale accessibilità? Quale turismo?
Le infrastrutture integrano il territorio e lo rendono coeso, non lo attraversano e basta. La programmazione 2014-2020 nel PON reti e mobilità indica le ferrovie come asset principale. La dotazione finanziaria del programma è pari a Euro 1.843.733.334, l’obiettivo di promuovere i sistemi di trasporto sostenibili nei territori delle 5 regioni meno sviluppate tutte attraversate dal corridoio scandinavo mediterraneo. Le risposte dovrebbero essere evidenti. Per tali motivi il tema infrastrutture e mobilità diventa prioritario e/o contemporaneo ad altre misure. Esse rispondono alla politica Connecting People e a quella Connecting Europe Facilty, una nuova visione delle reti come spazio di innovazione, di flussi materiali e immateriali. All’interno di questo spazio le città e il territorio, giocano ruoli strategici. Si vedano ad esempio le stesse richieste di investimento dei Patti per il Sud (coordinare programmi statali e regionali attraverso cabina di Regia dell’Agenzia della Coesione) per le Regioni e Città Metropolitane, per un totale stimato 26 mild. Sono stati finanziati già per 1/3 del totale più i 13,4 mild assegnati dal CIPE (fondi FSC ex FAS) - assegnazione stralcio (restano 15 mild). Non a caso al primo posto nei Patti troviamo interventi in infrastrutture (tempi lunghi di spesa e assorbono il 37%), poi l’ambiente (dissesto idrogeologico, reti idriche e depuratori- il 23%), sviluppo produttivo (30%), il resto al turismo, riqualificazione urbana e altro.
Inoltre per rafforzare gli interventi nelle infrastrutture ferroviarie, portuali, sistemi di trasporto intelligenti, con priorità al finanziamento di interventi che insistono sui corridoi TEN-T per lo sviluppo di reti trans-europee sono state individuate cinque Aree Logistiche Integrate di interesse per la rete centrale europea - il cosiddetto protocollo ALI (Quadrante sud orientale della Sicilia, Polo logistico di Gioia Tauro, Sistema pugliese, Logistica campana, Quadrante occidentale Sicilia) con l’obiettivo di favorire le reti di specializzazione e collaborazione, indicare le sinergie realizzabili e valutare la messa a sistema con il PON delle azioni prioritarie previste nei POR. Il tavolo tecnico è già avviato e stiamo lavorando ai documenti strategici con la previsione della piastra logistica siciliana, il sistema campano e quello pugliese. Questa stessa attività va anche integrata con la politica PAC 2014-20-(Euro 670.448.485,00) che prevede ulteriori supporti con finanziamento a progetti per la digitalizzazione della logistica, il recupero dei waterfront - l’accessibilità turistica, i green Ports e i progetti infrastrutturali ferroviari e portuali. Credo che in questa logica non si possa prescindere dalla soluzione di continuità di collegamento dello Scan-Med e dell’ammagliamento territoriale integrato.
Alla luce di questo complesso e articolato quadro sebbene su più livelli, non si può pensare alla pianificazione trasferendo lo stesso approccio metodologico dalla dimensione comunale a quella di area vasta, cambiando l’etichetta al piano o segregando le pianificazioni di settore al non dialogo. Tutto il futuro si gioca al livello di area vasta e infrastrutture. É di questo spazio a dimensione variabile senza confini amministrativi che ci occuperemo nei nostri futuri esercizi di pianificazione e programmazione. La predominanza del management segnerà la prossima forma del piano. NuVit è il primo esempio europeo.
U.I. Quali rischi corriamo?
S.S. Oltre al rischio di continuare a perdere tempo in discussioni senza fine e dimostrare poca affidabilità dovuta a una visione complessiva a volte mutevole riguardo le infrastrutture strategiche e poco attrattiva per gli investimenti esteri (anche per il sistema complessivo delle opere pubbliche, tempi lunghi, poca certezza, burocrazia, e altro), oggi, il rischio è che si pensi più alle procedure, al contenitore, che non al contenuto-oggetto della vera innovazione. Pertanto le condizioni con cui devono essere interpretate le riforme che incidono sugli assetti territoriali, devono rispondere a tre attività: l’esplicitazione e la valutazione delle politiche pubbliche, l’impatto delle riforme sul sistema (territoriale, amministrativo, socio-culturale), l’impatto delle politiche europee sul territorio anche in visione trentennale almeno. L’esercizio di queste tre attività contemporaneamente, nonostante l’interferenza tra le questioni squisitamente politiche e i contenuti reali delle riforme oggetto di transazione, può costituire l’elemento di forza nelle negoziazioni in Europa per riposizionare l’Italia in una condizione di guida e non di mero adeguamento come interlocutore esterno, ma perché offre una visione di Paese coeso e definibile in una visione strategica al 2050. In particolar modo ora che si sta costruendo la programmazione 2020-26. Allo stesso modo nella politica domestica tra Stato e Regioni; oppure alle condizioni di complementarietà e non di competizione interna (porti, città, servizi e infrastrutture) tra aree geografiche del Paese. È questo il senso con cui costruire il sistema delle infrastrutture nel nostro Paese. Il ragionamento tiene insieme tre grandi contenitori operativi di intervento: le criticità del sistema infrastrutturale costituito da porti, ferrovie, strade, logistica e città; le principali indicazioni strategiche della programmazione di settore; lo spazio europeo e internazionale della mobilità di merci e persone, le città e l’agenda urbana. Tutto ciò è collocato su uno scacchiere in cui sia il tempo, che le condizioni geopolitiche di una parte degli Stati del bacino del Mediterraneo, determinano incertezze nella domanda futura. A ciò si aggiunge la nuova tecnologia applicata ai vettori, ai sistemi, alle grandi navi, alle ferrovie, alle strade. In ultimo ognuno dei tre contenitori si ramifica in altri temi a cui rispondere: le esigenze degli operatori del settore e la concorrenza dei servizi, l’ultimo miglio, le infrastrutture come risposta sociale al diritto alla mobilità. Potrei continuare a lungo. Il punto è che mentre noi continuiamo a cercare nel dibattito il conforto alla responsabilità di scelta, il resto del mondo va avanti e consolida scelte che condizioneranno le nostre.