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Il resistibile ritorno al grande progetto urbano

Con un certo disordine, e con molto affanno, le amministrazioni locali italiane sono attualmente alle prese con le procedure attuative innescate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Nella speranza di cogliere le opportunità associate alla implementazione dell’azione di governo, molti comuni stanno mettendo a punto programmi di spesa per nuovi investimenti, o stanno rispolverando elaborati progettuali che giacevano nei cassetti degli uffici tecnici ormai da molti anni, ma devono far fronte in ogni caso alla estrema carenza di personale a più alta qualificazione, l’unico che potrebbe essere in grado di far fronte alle complesse procedure (valutazioni di impatto e di sostenibilità, verifiche periodiche sullo stato di avanzamento dei progetti, ecc.) previste dal PNRR.

Le dimensioni di questo incremento macroscopico della spesa pubblica, e il processo di decentramento dei capitoli di bilancio che ne conseguirà sono senza precedenti, perlomeno nel nostro Paese. Degli oltre 210 miliardi di euro delle risorse del programma Next Generation EU, più di un terzo (dal 34,7% al 36,9%) sarà gestito dagli enti locali che, come si è detto, non saranno solo responsabili della realizzazione degli interventi, ma anche dei controlli sulla regolarità delle spese e delle procedure. Dal momento che tutti i progetti legati al PNRR dovranno concludersi tassativamente entro il 31 marzo del 2026, e che circa la metà dei finanziamenti complessivi si concentrerà nel biennio 2024-25, è ragionevole supporre che in un intervallo temporale particolarmente circoscritto gli enti locali saranno investiti da risorse aggiuntive molto importanti, che condurranno ad un incremento di almeno il 40% della media annua di spesa in conto capitale.

A seguito di questo flusso straordinario di risorse la capacità di spesa degli enti locali sarà sottoposta ad uno stress test di particolare intensità, che rischia di accentuare gli storici divari che affliggono la pubblica amministrazione italiana. Si pensi soprattutto alla possibilità che gli enti locali meno efficienti (che tendono a concentrarsi soprattutto in alcune regioni meridionali) non presentino progetti nella misura attesa - oppure che quelli effettivamente inoltrati non riescano a soddisfare i requisiti attesi - per nutrire qualche dubbio sulla possibilità che la decisione di riservare al Mezzogiorno 82 miliardi di euro (il 40% del totale del PNRR) possa essere effettivamente rispettata.

Le contraddizioni che tendono a manifestarsi tra le ambizioni sottese da questa nuova stagione urbanistica e una capacità realizzativa che è ancora palesemente inadeguata non sono molto diverse da quelle che avevano caratterizzato altri momenti significativi della nostra storia urbana. Quando, ad esempio, si era prodotto un autentico cortocircuito tra la domanda di trasformazione espressa dal nostro sistema insediativo e gli strumenti messi a disposizione delle istituzioni per governare tali cambiamenti.

Qualcosa del genere è sicuramente avvenuto ad esempio nei primi anni Novanta del secolo scorso, quando il ‘grande progetto urbano’ era sembrata la formula più efficace per superare quell’incapacità progettuale e gestionale che la pianificazione urbanistica aveva evidenziato in più occasioni. Nelle parole di Cesare Macchi Cassia (1991: 16) [1], il cambio di paradigma che già allora vedeva impegnata la città contemporanea sembrava preludere al seguente interrogativo: perché all’appuntamento con il ridisegno della forma urbana “si risponde, in culture pianificatorie diverse e in luoghi differenti, tornando a strumenti antichi di lavoro - i grandi progetti urbani - e non invece utilizzando lo strumento moderno, usato e via via aggiornato durante l’ultimo secolo: il piano?”.

È solo il caso di sottolineare che questa tesi aveva trovato conferma, nell’ordinamento urbanistico allora vigente, in una perdurante inefficienza del piano regolatore generale, e nella sua sostanziale inadeguatezza nel contribuire alla ridefinizione del ruolo, dei valori e delle funzioni che la città era chiamata a interpretare. In linea con un approccio siffatto, tendeva ad affermarsi pertanto la convinzione che il progetto urbanistico avrebbe potuto percorrere strade più celeri e innovative, diverse da quelle incardinate nella prassi urbanistica e amministrativa ormai consolidata.

Solo pochi anni dopo tale scenario sarebbe cambiato radicalmente, con la conseguenza di arginare notevolmente la convinzione che il progetto urbano avrebbe potuto sostituirsi alle procedure ordinarie della pianificazione. Con la presentazione della sua proposta di riforma urbanistica del 1995, l’Inu aveva infatti ipotizzato una chiara articolazione del piano urbanistico comunale in due componenti fondamentali (la prima strutturale, e la seconda più direttamente operativa), con la conseguenza di rendere più convincenti le risposte offerte dalla disciplina urbanistica nei confronti delle sfide che la città contemporanea era chiamata ad affrontare, ma a distanza di trent’anni da questo cambio di passo nel governo del territorio c’è il rischio che la storia possa ripetersi nuovamente.

Se infatti il piano riformato (almeno nelle pratiche ispirate dalle leggi regionali di nuova generazione) e l’esperienza, di poco successiva, dei programmi complessi avevano evidenziato la possibilità di conseguire una soddisfacente innovazione delle pratiche urbanistiche anche attraverso il ricorso agli strumenti di pianificazione previsti dall’ordinamento vigente, la serrata tabella di marcia imposta agli enti locali dal PNRR rischia di offrire il pretesto di una ‘riscoperta’ del grande progetto urbano, ma in un’ottica più semplificata e derogatoria rispetto ai modelli del passato.

A fronte delle prevedibili difficoltà, da parte di molti enti locali, di adempiere agli impegni contratti per la realizzazione degli obiettivi del PNRR – che prevedono un’enfasi particolare sui temi della transizione ecologica, della inclusione sociale, della salute e della tutela del territorio – e, al tempo stesso, nei tempi molto stretti che sono previsti per la realizzazione delle opere, i prossimi mesi saranno decisivi per impedire che vengano sprecate le straordinarie opportunità associate alla strategia che prevede la ripartenza del Paese.

Si tratta, in altri termini, di fare in modo che la difficoltà di rispettare le scadenze stringenti imposte dal cronoprogramma del PNRR, di per sé così lontano dai nostri standard abituali in materia di capacità di spesa dei fondi comunitari, non induca molte amministrazioni locali a fare a meno degli strumenti della pianificazione e della programmazione integrata, con la conseguenza di rendere accettabile il ricorso a progettualità episodiche e di corto respiro, o addirittura di aprire il varco all’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del governo centrale.

Già a partire dalla pubblicazione delle prime bozze del Recovery Plan, l’Inu ha messo ripetutamente in evidenza la necessità di assicurare una più marcata ‘territorializzazione’ delle politiche pubbliche e, al tempo stesso, di evitare l’adozione di atteggiamenti rinunciatari da parte delle amministrazioni locali, che rischierebbero in questo modo di compromettere la capacità di ‘mettere a terra’ una mole così consistente di risorse straordinarie.

Come era già avvenuto in altri importanti momenti di svolta della storia nazionale, l’Istituto nazionale di urbanistica intende fornire il suo contributo di analisi critica e di proposta, che nella fase attuale può comportare la ricerca di strumenti in grado di favorire l’innovazione degli strumenti di governo e la sperimentazione di nuove forme di progettazione condivisa: tra regioni, province e comuni; tra amministrazioni locali confinanti, soprattutto se di piccole dimensioni; tra uffici ed enti pubblici, e tra soggetti pubblici e privati.

Coerentemente con questa scelta di campo, l’Inu ha deciso di dedicare il suo XXXI Congresso (che si svolgerà a Bologna nel prossimo mese di ottobre 2022) alla riforma urbanistica come strumento fondamentale per “superare l’emergenza sanitaria e riscoprirsi più forti” (Inu - CdN 2020). Come cercheremo di chiarire nel percorso di avvicinamento a questo importante appuntamento, si tratta di dimostrare che una accresciuta conoscenza dei problemi nuovi determinati non solo dal diffondersi della pandemia, ma anche dal cambiamento climatico, dall’esaurimento delle risorse energetiche, dalla globalizzazione, dall’invecchiamento della popolazione e dalla crescita delle disuguaglianze sarà in grado di indirizzare più efficacemente l’attuazione del PNRR, soprattutto se le politiche pubbliche potranno disporre di un sistema di pianificazione più aggiornato, flessibile e armonioso.

La piattaforma che intendiamo discutere nel nostro prossimo Congresso è indubbiamente molto ambiziosa, e si basa sulla convinzione che per affrontare le nuove sfide del post Covid si debba puntare sull’apertura di una nuova fase ‘costituente’, che favorisca la elaborazione di una legge sul governo del territorio fatta di pochi articoli e in grado di rendere più fondate le leggi regionali di nuova generazione (Talia 2021).

Nel definire procedure più snelle e trasparenti per la formazione degli strumenti urbanistici e per l’accelerazione della spesa, questo nuovo impegno riformista dovrebbe prevenire il disallineamento tra le scadenze imposte dalla implementazione del PNRR e i tempi, inevitabilmente più lunghi, del ridisegno del governo del territorio. Se si vuole impedire che l’accelerazione dei processi decisionali metta a repentaglio alcuni fondamentali strumenti di tutela dell’ambiente, del territorio e della stessa concorrenza tra le imprese che operano nel settore della trasformazione urbana e delle infrastrutture, converrà puntare su alcuni obiettivi di breve termine che preparino il terreno per l’approvazione di una legge di principi, e mettano al tempo stesso in sicurezza le pratiche urbanistiche e l’attuazione del PNRR.

In linea con la strategia della ‘doppia velocità’, e in aggiunta al potenziamento delle risorse cognitive cui abbiamo già fatto cenno, è il caso di pensare ad iniziative che puntino alla razionalizzazione dei processi autorizzativi e di controllo nel governo del territorio, con un’enfasi particolare sulla ridefinizione dell’iter di approvazione degli strumenti di pianificazione e sullo snellimento delle procedure, specie di iniziativa privata. In attesa che provvedimenti specifici favoriscano, anche con il contributo dell’Inu, il perseguimento di obiettivi di efficienza ed equità nella fiscalità urbana, o l’attivazione di ambiziosi programmi di rigenerazione urbana, l’Inu ha recentemente messo a punto una proposta di legge [2] che, se approvata, potrebbe concorrere al coordinamento territoriale delle principali linee di intervento del PNRR.

Grazie all’affidamento del compito di valorizzare le esternalità positive generate dai nuovi interventi ai Programmi integrati d’Area di iniziativa dei Comuni, singoli o associati, si consentirebbe l’applicazione anticipata di alcuni dei principi che dovrebbero ispirare una nuova legge urbanistica di livello nazionale, tra i quali l’ottimizzazione dei tempi delle decisioni pubbliche, il rispetto del criterio della sussidiarietà orizzontale e la ricerca di un più ampio coinvolgimento dei portatori di interessi diffusi.

Riferimenti

Inu - Consiglio direttivo nazionale (2021), Le proposte dell’Istituto Nazionale di Urbanistica per il superamento dell’emergenza e il rilancio del Paese, maggio, Roma https://www.inu.it/wp-content/uploa....

Macchi Cassia C. (1991), Il grande progetto urbano. La forma della città e i desideri dei cittadini, La Nuova Italia Scientifica, Roma.

Talia M. (2021), “Riaprire il cantiere della Legge di principi sul governo del territorio”, L’Ingegnere Italiano, no. 380, p. 64-66 https://www.cni.it/images/l_ingegne....

[1Il volume che nel 1991 Cesare Macchi Cassia dedicata al tema delle grandi trasformazioni e progetti urbani si è rivelato di particolare significatività per il dibattito disciplinare.

[2Si fa riferimento in particolare alla proposta di legge “Un Programma Integrato d’Area per la territorializzazione e la valorizzazione urbanistica delle risorse del PNRR” varata, all’unanimità, dal Consiglio Direttivo Nazionale nella seduta del 10.12.2021.

Data di pubblicazione: 20 gennaio 2022