Nel corso degli ultimi decenni la razionalità delle scelte di interesse collettivo è stata affidata sempre più spesso alla capacità di spiegare la ricchezza e l’articolazione dei fenomeni sociali con letture riduzionistiche e schematiche, che si basavano su interpretazioni della realtà di tipo deduttivo. A fronte di processi decisionali sempre più intricati e macchinosi, il prevalere di questo orientamento ha comportato l’affermazione di formule organizzative che miravano ad una semplificazione artificiosa delle cause dell’incertezza, con implicazioni assai negative per l’autorevolezza degli istituti e degli strumenti della pianificazione.
A partire dai primi mesi del 2020 il succedersi di eventi imprevedibili come il contagio da coronavirus o il varo di programmi massicci di investimenti finalizzati al superamento della crisi conseguente dalla pandemia ha reso sempre meno giustificata la pretesa di conseguire un effettivo progresso nella conoscenza di fenomeni complessi senza un consistente rafforzamento degli strumenti di governo della società e del territorio. Se teniamo conto dello straordinario impegno che graverà sulla pubblica amministrazione già a partire dal prossimo autunno, non solamente l’obiettivo del contenimento dei tempi tecnici necessari alla realizzazione delle opere pubbliche, ma anche l’esame dei fattori che possono contribuire allo snellimento dei processi attuativi, sembrano destinati ad assumere una particolare rilevanza.
Una prima, efficace rappresentazione delle difficoltà che caratterizzano l’attuale congiuntura è offerta dal dibattito innescato dalla presentazione del disegno di legge di conversione del Decreto-Legge recante misure urgenti per la semplificazione. Come l’INU non ha mancato di sottolineare nell’audizione al Senato del 27 luglio 2020, questo importante passaggio istituzionale appare segnato da una sfida inversa alla complessità e, al tempo stesso, alla semplificazione. Se da un lato l’apparato pubblico è chiamato a ricostruire la sua capacità operativa, che nell’ultimo decennio è stata oggetto di reiterati interventi di de-potenziamento (tagli del personale, blocco delle carriere e dei trasferimenti, precariato e provvisorietà, contrazione degli investimenti per la formazione e l’innovazione tecnologica), dall’altro non sembra più rinviabile un intervento deciso a favore di politiche pubbliche maggiormente mirate, che si avvalgano di procedure tecnico-amministrative più lineari e chiaramente finalizzate.
Nell’intervento alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori Pubblici l’Istituto ha cercato di qualificare il suo contributo ricorrendo ad un duplice registro, al tempo stesso critico e propositivo. Da un lato ha infatti stigmatizzato la presenza, nel Dl. sulla semplificazione, di alcuni pericolosi arretramenti, riguardanti tanto la volontà di forzare il Codice Appalti e le norme comunitarie con l’innalzamento della soglia dell’affidamento diretto di servizi e lavori pubblici, quanto la decisione di ampliare eccessivamente il campo di applicazione del Commissario Straordinario, in aperta contraddizione con la necessità di affidare a questa nuova figura la realizzazione di un numero limitato e selezionato di opere infrastrutturali realmente prioritarie. Ma dall’altro ha raccolto la sfida che l’attuale congiuntura propone alla disciplina urbanistica, ribadendo la volontà del nostro Istituto di contribuire fattivamente alla ricerca di soluzioni convincenti in vista della semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di governo del territorio: ipotizzando ad esempio l’unificazione delle sedi decisionali pubbliche; oppure prefigurando il ricorso alla amministrazione per progetti e alle conferenze di servizi decisorie; o, infine, prevedendo la costituzione di organismi attuativi compositi, che operino a scala intercomunale e con una visione integrata e di lungo periodo.