Sappiamo, da tempo, che il consumo di suolo rappresenta una delle principali minacce alla biodiversità, alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza alimentare e alla resilienza climatica. La necessità di invertire la rotta è evidenziata anche dal regolamento europeo sul ripristino della natura del 2024 e dalla prima direttiva europea sul suolo che il Parlamento europeo ha approvato il 23 ottobre scorso. Questa storica normativa stabilisce un quadro comune a livello comunitario per valutare e monitorare la salute dei suoli con l’obiettivo di raggiungere suoli sani in tutta l’Europa. In Italia, il monitoraggio di questo fenomeno è affidato all’Ispra e al Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (Snpa), che, ogni anno, producono una cartografia aggiornata e una serie di indicatori che fotografano l’evoluzione del territorio, le dinamiche di trasformazione, la crescita urbana e infrastrutturale, gli impatti sul suolo e sui suoi servizi ecosistemici.
L’edizione 2025 del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” (Munafò 2025) conferma, tuttavia, un quadro critico e in peggioramento per i suoli del nostro Paese. I dati dell’ultimo anno mostrano, infatti, un’accelerazione significativa del consumo di suolo: 83,7 km² di territorio trasformato in aree artificiali, con un incremento del 15,6% rispetto al 2023. Il ritmo raggiunge i 2,7 m² al secondo, pari a 230.000 m² al giorno.
La crescita delle superfici artificiali è solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, pari a poco più di 5 km2, dovuti al passaggio da suolo consumato a suolo non consumato. Così, il consumo netto arriva a 78,5 km², il valore più alto degli ultimi dodici anni, con una crescita del suolo consumato a livello nazionale dello 0,37%.
Le regioni con maggiore copertura artificiale rimangono Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%) ma le maggiori perdite di suolo nel 2024 si registrano in Emilia-Romagna (1.013 ettari di nuove aree artificiali in più in dodici mesi), Lombardia (+834 ettari), Puglia (+818 ettari), Sicilia (+799 ettari) e Lazio (+785 ettari). La Valle d’Aosta si conferma la regione con il consumo inferiore, ma aggiunge comunque più di dieci ettari alla sua superficie consumata. Tra le altre, solo la Liguria (28 ettari) e il Molise (49 ettari) hanno contenuto il loro consumo al di sotto di 50 ettari. La Provincia di Monza e Brianza si conferma al primo posto per percentuale di suolo artificiale, con quasi il 41% del territorio provinciale consumato e con un aumento di 47 ettari negli ultimi dodici mesi. Le province che hanno mostrato il maggiore consumo di suolo annuale sono Viterbo (+424 ettari), Sassari (+245 ettari) e Lecce (+239 ettari).
Osservando il fenomeno su una scala temporale più estesa, si rileva che sono pochissime le eccezioni a un trend di crescita delle aree costruite, limitate fondamentalmente a piccole realtà delle aree interne e montane praticamente disabitate. Dal 2006 al 2024, infatti, nel 98% (7.739 su 7.896) dei comuni italiani si è registrato un aumento del suolo consumato. Gli incrementi sono stati di almeno cinque ettari in 4.259 comuni (il 54%) e superiori a dieci ettari in quasi due quinti dei casi (2.970 comuni). Nell’ultimo anno, in circa due terzi dei comuni sono state rilevate nuove superfici artificiali, in poco meno del 20% la crescita è stata di almeno un ettaro, mentre gli incrementi più consistenti, oltre i cinque ettari, hanno interessato quasi il 5% dei comuni. I valori più alti di nuovo consumo di suolo interessano i comuni di Tarquinia (in Provincia di Viterbo, con una crescita di più di 150 ettari), Uta (nella Città metropolitana di Cagliari, +148 ettari) e Montalto di Castro (sempre in Provincia di Viterbo, +140 ettari). Se si esclude il contributo dei nuovi impianti fotovoltaici a terra, in netta crescita nel 2024 con più di 1.700 ettari rilevati, i comuni con la maggiore crescita annuale di aree artificiali sono Ravenna (+84 ettari), Venezia (+62 ettari), Sassari (+60 ettari) e Roma (+57 ettari, che comunque rallenta rispetto ai 71 ettari di consumo di suolo registrati nel 2023).
La relazione tra il consumo di suolo e le dinamiche della popolazione conferma che il legame tra la demografia e i processi di urbanizzazione e di infrastrutturazione non è diretto e si assiste a una crescita delle superfici artificiali anche in presenza di stabilizzazione, in molti casi di decrescita, della popolazione residente. Anche a causa della flessione demografica, il suolo consumato pro-capite aumenta ancora dal 2023 al 2024 di quasi un m2/ab e di 18,3 m2/ab dal 2006. Si passa, infatti, dai circa 347 m2/ab nel 2006 ai 365,8 m2/ab nel 2024. In dodici anni dal 2006 al 2018 il suolo consumato per abitante era aumentato di 6,5 m2/ab mentre tra il 2018 e il 2024 si è registrata una crescita quasi tripla, pari a 18,4 m2/ab in soli sei anni.
Il consumo di suolo ha diverse cause e i dati sulle nuove coperture artificiali permettono di distinguere la frazione di cambiamenti riconducibili a impermeabilizzazione (consumo di suolo permanente) dalle altre forme di rimozione o artificializzazione del suolo (consumo di suolo reversibile). Le aree destinate a nuovi cantieri (4.678 ettari) sono la componente prevalente e rappresentano il 56% del consumo di suolo annuale. Si tratta di aree generalmente in transizione che saranno in gran parte convertite, nei prossimi anni, in aree a copertura artificiale permanente (come edifici e infrastrutture) e che, in misura minore, saranno ripristinate. Tra le altre classi, la crescita degli edifici nel 2024 è stata pari a 623 ettari, delle aree estrattive di 436 ettari, delle infrastrutture di 351 ettari, delle altre coperture artificiali come piazzali, cortili, campi sportivi o discariche di 581 ettari. Se si escludono le nuove aree di cantiere, il consumo permanente rappresenta il 35% del totale, con una prevalenza di edifici, piazzali pavimentati e strade. I pannelli fotovoltaici a terra (+1.702 ettari, di cui l’80% su superfici precedentemente utilizzate ai fini agricoli) rappresentano una porzione importante del nuovo suolo consumato reversibile, in forte aumento rispetto ai 420 ettari rilevati nel 2023, ai 263 ettari del 2022 e ai 75 del 2021, seppure con impatti diversi a seconda del tipo di impianto. Per quanto riguarda le destinazioni d’uso, le aree destinate alla logistica, nell’ultimo anno, sono aumentate soprattutto in Emilia-Romagna (+107 ettari), in Piemonte (+74 ettari) e in Lombardia (+69 ettari). Negli ultimi anni, al progressivo consumo di suolo dovuto a questo fenomeno si è affiancata una nuova dinamica territoriale causata dall’espansione dei data center, alimentata dalla crescente esigenza di infrastrutture digitali e servizi cloud. Tale sviluppo ha comportato, nel 2024 e considerando gli interventi più significativi, l’occupazione di oltre 37 ettari di superficie, con una concentrazione prevalente nelle aree settentrionali del Paese.
Le maggiori pressioni insediative e infrastrutturali rimangono concentrate nelle aree più accessibili e i cambiamenti rilevati nell’ultimo anno sono particolarmente elevati nella pianura Padana, in particolare lungo l’asse Milano-Venezia e lungo la direttrice della via Emilia. Il fenomeno rimane molto evidente anche nel Salento, lungo quasi tutta la costa adriatica, nel Lazio, in Campania, nella Sicilia occidentale e meridionale, nelle principali aree metropolitane. La maggior densità del consumo di suolo è stata registrata, anche quest’anno, lungo la fascia costiera entro un chilometro dal mare, nelle aree di pianura, nelle zone urbane e periurbane dei principali poli e dei comuni di cintura della frangia urbana.
La criticità del nostro territorio si aggrava, inoltre, anche perché il consumo di suolo annuale conferma la tendenza al rialzo all’interno delle aree a pericolosità idraulica (+1.918 ettari in dodici mesi, di cui 1.303 in zone a pericolosità idraulica media) rispetto ai consumi registrati nelle annualità precedenti. Anche nelle aree a pericolosità di frana torna ad accelerare il consumo annuale (+608 ettari), dopo il rallentamento registrato nel 2023. Nelle aree protette italiane, invece, il consumo di suolo si conferma molto più basso rispetto alla media nazionale, con 0,26 m² consumati per ogni ettaro, contro i 2,60 m² a livello nazionale. Complessivamente, comunque, sono stati persi in queste aree circa 81 ettari, in aumento rispetto allo scorso anno (+16%) e, di questi, oltre il 73% riguarda i parchi naturali nazionali (28,7 ettari) e regionali (30,8 ettari). Nelle aree Natura 2000 il nuovo consumo di suolo ammonta a 193 ettari (+14% rispetto allo scorso anno). Le aree vincolate per la tutela paesaggistica hanno una percentuale di suolo consumato più bassa rispetto alla media nazionale (5,42%) ma fanno registrare un nuovo consumo di suolo che supera i 1.520 ettari (+9% rispetto allo scorso anno).
Gli effetti diretti o indiretti del suolo consumato si possono registrare su circa due terzi del territorio nazionale, con un impatto significativo sulla frammentazione ecologica (42% del territorio), sulla perdita di biodiversità e di capacità di produzione agricola, sulla regolazione del ciclo delle acque (con aumento della pericolosità idraulica in territori sempre più sigillati dalla presenza di cemento e asfalto), sul ciclo del carbonio, sul microclima urbano. Le analisi sull’isola di calore urbana mostrano differenze di temperatura tra aree urbane e rurali che superano i 10°C, con picchi di +11,3°C al nord. La vegetazione urbana, anche in questo caso, si conferma fondamentale: nei quartieri dove la copertura arborea supera il 50%, le temperature sono fino a 2,2°C più basse. Purtroppo, nel 2024, le aree vegetate all’interno degli ’ecosistemi urbani’ (che coprono un’area piuttosto ampia del territorio nazionale secondo il regolamento europeo sul ripristino della natura) si sono ulteriormente ridotte, con una perdita netta di oltre 4.000 ettari. I costi del consumo di suolo, dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, si confermano molto elevati e le stime di flusso economico perso variano da un minimo di 8,66 a un massimo di 10,59 miliardi di euro bruciati ogni anno a causa del consumo di suolo avvenuto tra il 2006 e il 2024.
Il consumo di suolo in Italia è, quindi, un fenomeno in accelerazione che richiede risposte urgenti e coordinate. La sfida è duplice: da un lato, contenere e arrestare l’espansione urbana, produttiva e infrastrutturale, riutilizzando e riqualificando le aree già costruite; dall’altro, promuovere il ripristino ecologico e la resilienza territoriale, riportando la natura all’interno delle aree urbane e delle aree più degradate e migliorando la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici dei nostri territori attraverso la depavimentazione, la forestazione urbana e le soluzioni basate sulla natura. Le nuove normative europee offrono strumenti e obiettivi chiari, ma sarà fondamentale il coinvolgimento attivo di istituzioni, cittadini e imprese per invertire la rotta e garantire un futuro sostenibile al nostro Paese. In particolare, il regolamento europeo sul ripristino della natura impone l’azzeramento della perdita netta di aree verdi urbane entro il 2030 e il loro incremento dal 2031. L’azzeramento del consumo netto di suolo è un obiettivo necessario anche per il raggiungimento dei target previsti dall’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile, dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal Piano per la transizione ecologica. Lo stop al consumo di suolo dovrebbe avvenire sia minimizzando gli interventi di artificializzazione, sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali gli ambiti urbani e le coste, ed è considerato una misura chiave anche per l’adattamento agli eventi estremi. Arrestare il consumo di suolo nel nostro Paese permetterebbe, in definitiva, di fornire un contributo fondamentale per affrontare le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema, dalla perdita di biodiversità.
Munafò M. (a cura di) (2025), Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2025, Report Snpa no. 46 https://www.snpambiente.it/pubblica....