Urbanistica INFORMAZIONI

Il cambiamento delle regole del gioco

Con l’avvento del nuovo millennio si è improvvisamente interrotta quella tendenza alla stabilità che aveva caratterizzato la seconda metà del novecento e che sembrava destinata a favorire l’affermazione di una nuova età dell’oro. Gli eventi traumatici che hanno segnato questo improvviso cambio di passo sono ben noti, e hanno determinato in gran parte del pianeta una crescente esposizione a molteplici fattori di rischio (pandemia, eventi climatici estremi, perturbazioni economiche, conflitti bellici, ecc.) che hanno interessato una percentuale assai rilevante della popolazione urbana mondiale.
In questa condizione di accentuata e prolungata provvisorietà, l’elaborazione di esercizi previsionali e, di conseguenza, la relativa assunzione di decisioni consapevoli e informate tendono ad apparire sempre più problematiche e complesse, fino al punto che le attività che concorrevano al governo del territorio hanno finito per registrare una dicotomica tendenza all’aumento della macchinosità degli strumenti della pianificazione e, per converso, all’intensificarsi della richiesta di provvedimenti normativi con cui operare una drastica semplificazione dell’assetto amministrativo.
A seguito di questo determinante cambiamento delle condizioni di contesto l’attività del planner si affida sempre più raramente ad un protocollo delineato con autorevolezza dalla giurisprudenza, né tantomeno può fare riferimento a pratiche progettuali consolidate e accreditate dall’esercizio professionale, ma deve accettare nuove regole del gioco, che presuppongono l’esigenza di dedicare sempre più tempo e ingenti risorse cognitive alla impostazione rigorosa dei problemi metodologici e analitici che l’agire urbanistico dovrà proporsi di risolvere.
Nel cambio di paradigma che tende progressivamente ad imporsi, la formulazione degli obiettivi che il processo di pianificazione pone al centro della sua iniziativa dovrà cimentarsi sempre più spesso con la numerosità – continuamente in aumento – delle informazioni da prendere in considerazione, con la natura enigmatica dei rapporti di interdipendenza che le mettono in relazione e, al tempo stesso, con l’incessante cambiamento delle variabili con cui proviamo a misurarle. È solo il caso di sottolineare che tali mutamenti condurranno inevitabilmente a significative alterazioni nello stesso principio di razionalità, con la conseguenza di dettare un nuovo statuto epistemologico del discorso sulla complessità che gli studi urbani e la teoria della pianificazione dovranno porre alla base delle proprie elaborazioni.
Un primo, fondamentale effetto di questo cambio di rotta è costituito evidentemente dalla necessità di rinunciare ai tentativi di banalizzazione della realtà a cui pure continuiamo ad assistere, facendo propria la consapevolezza che l’immagine sempre più complessa che ci viene trasmessa dalla ricerca scientifica costituisce una prova evidente della ricchezza della realtà con cui dobbiamo entrare in contatto. Per nostra fortuna oggi disponiamo di un potenziale analitico inimmaginabile solo pochi anni fa, che ci consentirà di raccogliere ed elaborare uno stock di informazioni virtualmente illimitato, e che sposta il problema più urgente degli studi previsionali dalla immediata soluzione del singolo quesito, alla riformulazione, fertile e corretta, del processo euristico che ne metta in luce i principali nodi critici e le inevitabili implicazioni.
Nel corso degli ultimi anni mi sono già occupato in più occasioni dei probabili effetti di questo fondamentale cambio di prospettiva, e della possibilità che una estesa applicazione della “teoria della complessità” alle politiche pubbliche possa determinare notevoli ripercussioni sulla evoluzione della stessa pratica urbanistica. Una prima volta cercando di contrastare quella corsa dissennata alla semplificazione (Talia 2023a) che ho già richiamato, e che punta tuttora ad ignorare una complessità fisiologica dei processi di trasformazione urbana che non può essere annullata, pena la rinuncia a salvaguardare il pluralismo istituzionale, e a prendere in considerazione i diversi interessi pubblici e privati che sono in gioco e che richiedono di essere tutelati. In un secondo caso, invece, provando a mitigare “l’ossessione per il futuro” che caratterizza tradizionalmente il dibattito urbanistico contemporaneo attraverso la promozione di una nuova attitudine a pianificare in condizioni di incertezza (Talia 2023b), che anche grazie alla proposta di una legge di principi per il governo del territorio che l’Inu ha presentato al Senato il 16 luglio 2024 dovrebbe farsi carico di un’attenzione crescente per i temi della innovazione territoriale, e per l’attitudine di quest’ultima a coniugare la visione strategica e l’impegno a praticare la condivisione e la sintesi del più ampio numero di qualificati punti di vista.
Anche se il mio parere può apparire falsato dalla partigianeria, credo che si possa ritenere che l’apporto offerto in questi anni dall’Inu alla evoluzione del dibattito urbanistico non debba essere sottovalutato, ma sono altresì convinto che tale contributo debba spingersi un po’ più avanti, provando ad esempio ad interrogarci sulla possibilità che gli strumenti del machine learning possano aiutarci a superare quelle barriere cognitive che frenano attualmente., la nostra capacità predittiva.
Come molti studiosi hanno più volte segnalato muovendosi nel solco tracciato da Thomas Kuhn (1962), il nuovo paradigma della scienza “post-normale” assegna una probabilità assai elevata che l’estrema varietà dei fenomeni urbani – e l’elevata incertezza dei dati che cercano di descriverli – si accompagni ad effetti altamente indeterminati e/o potenzialmente irreversibili. Con la conseguenza di favorire il ricorso, in un prossimo futuro, e anche nella nostra disciplina, a quelle nuove modalità di apprendimento dai dati di stock e di flusso delle dinamiche urbane che sono offerte dall’intelligenza artificiale, e che si avvalgono sempre più spesso delle tecniche di calcolo e di simulazione fondate sulle reti neurali artificiali.
Secondo Futowicz e Ravetz (1997), ad esempio, l’adozione di questo nuovo approccio è in grado di consentire il superamento di un limite evidente dei modelli interpretativi più tradizionali, che basano le proprie letture sulla osservazione di dati oggettivi, ripetibili e falsificabili. Al contrario di questi ultimi la scienza post-normale si propone di adattare i propri protocolli a situazioni che si caratterizzano per la presenza di elevati livelli di incertezza, e in cui la registrazione delle opinioni dei non esperti può rivelarsi determinante, tanto da richiedere non solo un significativo allargamento della platea dei soggetti e dei portatori di interesse coinvolti nella raccolta delle informazioni, ma anche un ampio coinvolgimento di saperi non convenzionali, o comunque non riconosciuti dalla comunità scientifica più tradizionale.
Quanto al primo obiettivo, è ormai ampiamente condivisa la convinzione che adottando questa nuova metodologia non solamente la complessità dei fenomeni urbani si rivelerà assai più ‘trattabile’, ma le stesse sfide cognitive sollecitate dai numerosi enigmi che lastricano la strada dei nuovi processi di urbanizzazione costituiranno uno stimolante confronto per chi punta a trovare nel governo del territorio una risposta più soddisfacente ai molti interrogativi che l’attività del pianificatore quotidianamente ci propone.
In tale prospettiva l’adozione di metodi basati sull’intelligenza artificiale può dunque contribuire alla riduzione del gap tra ricerca e azione, permettendo di effettuare analisi più accurate e contestualizzate, e consentendo altresì agli studiosi una migliore comprensione delle dinamiche sottostanti ai fenomeni a più elevata complessità. In tal modo si potranno gettare le basi per un nuovo paradigma di ricerca, che tenga conto della complessità intrinseca nei sistemi naturali e sociali, ponendo i soggetti e gli attori della pianificazione nelle condizioni di disporre di un quadro assai più completo e veritiero della realtà che ci circonda.
Nella convinzione che la strada indicata potesse rivelarsi promettente, l’Inu ha avviato nel 2019 una collaborazione scientifica con il Cnr che ha favorito l’avvio di alcune applicazioni del Digital Twin alla città di Matera. Lo sviluppo di questa esperienza è stata illustrata nei convegni sull’Urban Intelligence organizzati nel corso degli anni da Urbanpromo (l’ultimo il 6 novembre 2024), e ha persuaso lo stesso Cnr a istituire al suo interno un Centro interdipartimentale sulla scienza delle città che sarà aperto ad enti di ricerca, università e altre istituzioni tra cui il nostro Istituto.
Dalle esperienze che abbiamo maturato in questi anni è possibile trarre pertanto la convinzione che il superamento delle difficoltà implicite nella soluzione di un problema particolarmente complicato non passi necessariamente attraverso il tentativo – che peraltro è destinato in molti casi all’insuccesso – di provare a banalizzarlo. Al contrario conviene procedere ad un’operazione attenta e scrupolosa di reframing, in cui sottoporre la questione da affrontare ad un esame rigoroso, che potrà avvalersi degli strumenti più avanzati per la raccolta e il trattamento delle informazioni, e poi delle tecniche oggi disponibili per apprendere dal quadro conoscitivo che è stato raccolto i riferimenti atti a sviluppare entro questo stesso perimetro scenari previsionali e valutazioni di impatto che si ritengono necessari per orientare la decisione e poi il progetto.
Nell’età dell’intelligenza artificiale dobbiamo essere pronti ad affidare una parte non marginale di queste elaborazioni a tecnologie digitali che sono oggi al centro di innovazioni particolarmente rapide, che richiedono l’ingresso di nuove competenze, e che prefigurano un campo – quello del machine learning – in cui si finirà per concedere alla ‘macchina’ la facoltà di apprendere dai dati in modo sostanzialmente autonomo, piuttosto che attraverso una programmazione rigidamente guidata dall’operatore. Naturalmente nei prossimi anni il compito del planner prevederà di conseguenza la rivendicazione di margini sostanziali di autonomia, in cui l’uomo – e dunque non solo il progettista, ma anche lo stesso decisore – dovrà cercare di fare in modo che il controllo degli algoritmi di apprendimento automatico e dell’intelligenza artificiale non venga messo in discussione (Lo Piano 2020), ma per ora possiamo e dobbiamo limitarci a monitorare con attenzione un processo innovativo sicuramente rapidissimo, ma anche assai promettente.
Nel prepararci ad un prossimo futuro in cui il ricorso ad algoritmi di calcolo non sempre trasparenti rischierà di occultare il ruolo assegnato al principio di responsabilità nei giochi decisionali che verranno messi in atto, possiamo augurarci che l’intelligenza artificiale, mentre sta rivoluzionando molte aree della nostra esistenza, non si limiti a facilitare la valutazione delle politiche pubbliche, né a supportare l’implementazione degli strumenti tecnico-amministrativi della pianificazione. Quello che ci aspettiamo dall’avvento di un modello di sviluppo fondato sulla conoscenza è dunque una rinnovata capacità dell’uomo di porsi al centro di un nuovo umanesimo tecnologico, in cui la cultura della pianificazione potrà legittimare il suo ruolo solamente se saprà dimostrare l’utilità (e non solo la necessità) dell’agire urbanistico nel guidare le trasformazioni territoriali e urbane attraverso un cambio di paradigma che si preannuncia straordinariamente ricco di minacce e di opportunità.

Riferimenti bibliografici

Funtowicz S., Ravetz J. (1997), “Environmental problems, post-normal science, and extended peer communities”, Études et Recherches sur les Systèmes Agraires et le Développement, p. 169-175.
Kuhn T. (1962) “The Structure of Scientific Revolution”, International Encyclopedia of Unified Science, vol. 2, no. 2.
Lo Piano S. (2020), “Ethical principles in machine learning and artificial intelligence: cases from the field and possible ways forward”, Humanities and Social Science Communications, vol. 7, no. 1, p. 1-7.
Talia M. (2023a), “Bastano alcune semplici regole per cambiare il mondo?”, Urbanistica Informazioni, no. 309, p. 7-8.
Talia M. (2023b), “L’ossessione del futuro e i suoi rimedi”, in F. D. Moccia, M. Sepe (a cura di), Oltre il futuro. Pianificare nell’incertezza per progettare l’imprevedibilità, INU Edizioni, Roma.

Data di pubblicazione: 25 novembre 2024