La necessità dell’approccio integrato del Governo del territorio dovrebbe essere ben evidente e assodata laddove proprio su questa natura e terreno legislativi è possibile cercare di trovare anche una praticabile e consapevole interrelazione fra alcune materie esclusive sia dello Stato che delle Regioni, ove esse siano riconducibili al profilo ampio del Governo del territorio (Gt).
Infatti, il Gt è un ambito di competenze che non possono essere ricondotte ad una ‘materia’ in senso tradizionale e dunque (come pure alcune posizioni, tecnico-giuridiche, politiche e anche culturali sembrano fare) limitarsi alla disciplina e regolazione degli usi del suolo e all’edilizia. Si tratta di un ruolo funzionale complesso e plurimo a carattere orizzontale, che supera (dovrebbe essere così!) la eccessiva frammentazione di materie e competenze e oltre all’urbanistica, si estende al paesaggio, alla pianificazione transcalare del territorio, all’ambiente, alla difesa del suolo ed al contenimento del suo consumo, alla rigenerazione urbana, allo sviluppo sostenibile socio-economico del territorio, alla mobilità, all’ infrastrutturazione del territorio, alla protezione degli ecosistemi, alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
Dopo il 2001, la produzione di leggi regionali della pianificazione per il governo del territorio (e in anni più recenti la loro modifica ed anche significativa revisione da parte di alcune Regioni), ha rappresentato un impegno importante ed innovativo (anche se inevitabilmente non esaustivo, per l’inerzia del legislatore nazionale in termini di principi fondamentali) che si è sviluppato in modo anche eccessivamente ‘eclettico’ ed che oggi, proprio alla luce del Pnrr, risulta forse poco proattivo per l’imprescindibile sviluppo operativo di esso e per il perseguimento degli obbiettivi strategici e fondamentali che gli sono assegnati dall’Ue e soprattutto dal Paese.
Purtuttavia alcune Regioni hanno cercato di concepire ed introdurre nuovi dispositivi (leggi, piani e loro nuove forme, procedure, politiche, pur con risorse non sufficienti e qualche settorialismo di troppo) per sostenere ottiche, introdurre nuovi paradigmi e sviluppare contenuti innovativi; ciò con riferimento alla pianificazione territoriale e urbanistica, del paesaggio, a sostegno di politiche di contenimento del consumo di suolo, di rigenerazione urbana, di tutela, valorizzazione e qualificazione dei sistemi insediativi, di sviluppo sostenibile.
Questa situazione è dovuta alla ormai ventennale, aleatoria e del tutto insufficiente azione dello Stato (dopo la riforma del Titolo V del 2001) nel sapere (o volere) legiferare su quei principi fondamentali che sono indispensabili per il costituzionale concorso legislativo nazionale e regionale su materie come, appunto, il governo del territorio: un incomprensibile e sostanziale inazione con qualche inconcludente percorso, avviato talvolta nelle Camere (evidentemente senza molta convinzione se non da parte di alcuni parlamentari) ma mai su iniziativa del Governo!
È dunque lecito domandarsi se nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e soprattutto del suo sviluppo operativo e ‘messa a terra’ (da qui al 2026 ed oltre), questa ingiustificabile inerzia non debba (e possa) trovare un’utile e rapida inversione di marcia, un urgente cambio di attenzione e passo.
Una buona ragione a sostegno della legittimità della domanda posta, riguarda il fatto che la governance prevista per il Pnrr accentra il processo attuativo in una Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ma non chiarisce realmente ed in modo sufficientemente condiviso i rapporti con Regioni, Città metropolitane, Province e soprattutto i Comuni, cui pure sono complessivamente affidati investimenti per 87,4 miliardi, tra Pnrr e Fondo complementare, il 40% del totale.
È di fondamentale importanza il quadro delle riforme previste nel Pnrr ed a garanzia per l’Ue. Le Riforme sono identificate in quattro tipologie: orizzontali o di contesto (innovazioni strutturali dell’ordinamento d’interesse trasversale a tutte le missioni del Pnrr); riforme abilitanti (interventi funzionali a garantire l’attuazione del piano); riforme settoriali; riforme di accompagnamento (riforme che, seppure non comprese nel perimetro del Pnrr, sono destinate ad affiancarne l’attuazione). Non può essere trascurato il fatto che l’ampio ventaglio di riforme previste coinvolge pressoché tutte le competenze regionali; ciò in quanto lo Stato, per il tramite del Governo, non agisce, né può agire sulla base di competenze esclusive e precisamente attribuite, ma opera sia in un contesto di importanti materie concorrenti (art. 117 Cost.) sostanzialmente inattuato e in primis con riguardo al Gt, sia di interferenze reciproche anche sulle rispettive materie esclusive, che rende il Governo in certa misura interdipendente con le Regioni. Complessivamente nel Pnrr sono previsti 47 interventi legislativi di attuazione da qui al 2023 e 6 tra il 2023 e il 2026 (quindi anche a cavallo tra l’attuale e la prossima legislatura): un programma vasto e molto impegnativo al cui interno sono poche le cose che non abbiano un riflesso sull’ordinamento regionale e sull’esercizio delle funzioni di pianificazione ed amministrative degli enti locali e dunque con il Gt; con la conseguenza che occorrerà garantire efficienti strumenti di confronto e cooperazione tra centro e territori nella definizione e attuazione delle riforme, ma soprattutto per l’operatività gli interventi stesi del Pnrr.