Per Housing che possa definirsi “sociale” si possono considerare tutte quelle forme di alloggio che riconoscono la casa come un diritto, inclusivo, sicuro, dignitoso accessibile economicamente, tale da non alimentare meccanismi di mercificazione e speculazione che pongono il profitto economico dinanzi al beneficio sociale. Nello specifico, il termine italiano di “Housing sociale” (Hs), deriva dall’anglosassone Social Housing che concerne alloggi a prezzo inferiore di mercato (ad affitto calmierato o con aiuto al pagamento di affitto), costruiti, ristrutturati, gestiti, e di proprietà di enti pubblici, privati non-profit o a profitto limitato. In tal senso il Social Housing si avvicina all’Edilizia residenziale pubblica (Erp), e all’alloggio no-profit o a profitto limitato (ad es. cooperative abitative); mentre l´Affordable Housing, che comprendente varie forme di proprietà non necessariamente a profitto limitato, si avvicina all´Edilizia residenziale sociale (Ers) (Czischke and van Bortel 2023). L’Hs all’italiana è piuttosto un termine ombrello non unicamente definito. Anche il PNRR, con un investimento sull’abitare tra i più consistente negli ultimi anni in Italia, non aiuta a stringere la definizione (Ginelli 2022: 54).
La regolamentazione della Hs si basa principalmente su due misure nazionali (Dm 22.04.2008, Dl 112/2208) e sul Piano nazionale di edilizia abitativa (Dpcm 16.07.2009) che in sintesi evidenziano che l’alloggio sociale:
1. non riguarda solo l’immobile ma è un progetto di coesione con lo scopo di ridurre il disagio abitativo;
2. è un “Servizio di interesse economico generale” (in linea con il quadro europeo SGEI per la casa), ciò a dire che lo Stato può decidere di intervenire nel mercato per garantire il raggiungimento di obiettivi d’interesse generale anche attraverso aiuti pubblici per il funzionamento di tali servizi;
3. costituisce standard urbanistico aggiuntivo da assicurare mediante cessione gratuita di aree o di alloggi pubblici, sulla base e con le modalità stabilite dalle normative regionali.
L’Hs viene legislativamente imposta alle amministrazioni locali che ne debbono garantire l’esistenza nei propri territori attraverso la costruzione di partenariato pubblico-privato basato su accordi negoziali, pur non fissando una misura minima dello standard, e di fatto lasciando la contrattazione pubblico-privato la sua quantificazione nei diversi ambiti (Urbani 2010).
Il finanziamento per l’acquisizione e la realizzazione di immobili in Hs poggia sulla costituzione di un “sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari” (Sif). Questi consentono di trasformare investimenti immobiliari in quote di attività finanziarie, generando liquidità senza che l’investitore debba acquisire e dismettere un immobile. I Fia sono amministrati da Società di gestione del risparmio – ossia società quotate sul mercato azionario (sottoposte alla vigilanza della Banca d’Italia e della Consob) – quotate sul mercato mondiale. Pertanto gli investimenti immobiliari sono un algoritmo finanziario che dipende dal valore dell’attivo netto e dal rating del fondo. In altre parole, il patrimonio immobiliare di Hs è sottoposto a valorizzazione nel mercato finanziario, atto a garantire agli investitori un dato rendimento in un tempo definito, che permetta ai soci il diritto al rimborso e ai maturati proventi delle quote investite inizialmente. Questo sistema di Hs italiano ha permesso la conversione dell’alloggio sociale da bene collettivo ad asset immateriale in un sistema di finanza globale, favorito dal pubblico translocale attraverso incentivi quali le cessioni di terreni per la costruzione da parte degli enti pubblici, atti a sollecitare e favorire l’intervento del settore privato (Belotti&Arbaci 2021).
Alla problematica sollevata dal modello finanziario Sif, si contrappone l’implementazione di progetti che si presentano come innovativi nell’integrare le dimensioni abitative, urbane e di welfare. I progetti Hs variano notevolmente da regione a regione in base al partenariato, ai costi di gestione, di realizzazione, per regime abitativo (locazione, locazione con patto di futura vendita, acquisto), modalità di accesso, costi di costruzione, utilizzo del sistema Sif o meno. Nei casi virtuosi, all’abitazione ad affitto calmierato e in vendita a valori più bassi di mercato si integrano l’accoglienza, gli spazi ad uso collettivo, le azioni e iniziative socio-culturali gestite dal terzo settore, servizi pubblici e altre funzioni legate al produttive e al terziario. Tra questi le sperimentazioni le più interessanti sono quelle che adottano un’ottica non speculativa, compartecipazione dei cittadini e del privato sociale con lo scopo di innescare progettualità che rispondono alle mutate domande ed esigenze abitative. In uno stato di aumentata povertà degli anni 2020 esacerbata da crisi energetica, pandemia e conflitti, le esperienze in Hs offrono una ragione di ripensamento articolato e ampio del tema casa in Italia, secondo una prospettiva di giustizia economica, politica e sociale capace di garantire la casa come bene collettivo.
Belotti E., Arbaci S. (2021), “From right to good, and to asset: The state-led financialisation of the social rented housing in Italy”, Environment and Planning C: Politics and Space, vol. 39(2), p. 414-433.
Czischke D., van Bortel G. (2023), “An exploration of concepts and polices on ‘affordable housing’in England, Italy, Poland and The Netherlands”, Journal of Housing and the Built Environment, vol. 38(1), p. 283-303.
Ginelli E. (2022), “L’edilizia residenziale pubblica in Italia. Definizioni e prospettive”, in A. Delera, E. Ginelli (a cura di), Storie di quartieri pubblici. Progetti e sperimentazioni per valorizzare l’abitare, Mimesis, Milano-Udine, p. 49-57.
Urbani P. (2012), “Il soddisfacimento del bisogno alla casa per le fasce più deboli e la finanziarizzazione dell’edilizia”, in Atti del Convegno I fondi d’investimento immobiliare, 15-16 novembre, Bologna, p. 6.