Con l’avvento del Governo Monti e l’approvazione della “Spending review” (Decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012 convertito nella legge n. 135 del 7 agosto del 2012) l’istituzione della città metropolitana di Genova (di cui si discute dal 1990) ha subito un’improvvisa accelerazione.
Il Consiglio Regionale della Liguria nella seduta del 22 ottobre 2012 ha rettificato il provvedimento della Giunta regionale di “Proposta al Governo di riordino delle Province ubicate nel territorio ligure" e invita il Consiglio dei ministri a recepire l’ipotesi pervenuta dal CAL (Consiglio delle Autonomie Locali) ligure e a formulare il riordino istituzionale del territorio regionale che è stato sottoposto anche con ANCI Liguria. Tale proposta prevede: 1) la provincia della Spezia non cambia la propria dimensione territoriale; 2) la città metropolitana di Genova, come estensione territoriale, corrisponde a quella della soppressa provincia di Genova e include tutti i comuni, già facenti parte della provincia stessa; 3) la nuova provincia, risultante dal riordino delle attuali province di Imperia e Savona, include tutti i comuni già facenti parte delle due province; 4) il capoluogo della nuova provincia di Imperia-Savona, sarà determinato applicando il comma 4 bis dell’articolo 17 del Decreto legge n. 95, secondo cui assume il ruolo di comune capoluogo delle singole province il comune già capoluogo di provincia con maggior popolazione residente, cioè Savona.
Fra i criteri adottati nella definizione delle nuove province c’è quello secondo cui vengono mantenute le province confinanti solo con province di regioni diverse da quella di appartenenza: da questo criterio discende la conferma della provincia della Spezia. La nuova provincia di Savona e Imperia avrà un’estensione territoriale pari a kmq 2.701 e una popolazione residente di circa 510 mila. Il Consiglio Regionale della Liguria ha deliberato in attesa che la Corte Costituzionale fissi la trattazione di svariati ricorsi. La provincia di Imperia (come altre in Italia) ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro la deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il Consiglio regionale ha anche stabilito che qualora le pronunce della Corte costituzionale e del Tar dovessero comportare conseguenze rilevanti sull’impianto normativo, la Regione Liguria provvederà ad assumere, d’intesa con il CAL e con le associazioni degli enti locali, le iniziative necessarie per un riordino istituzionale che possa avvenire con modalità più rispettose delle specificità del territorio e dell’assetto sociale ed economico regionale.
Scompare la Provincia di Genova, commissariata dopo la scadenza del mandato amministrativo, e al suo posto nasce la Città Metropolitana di Genova che dovrebbe entrare in vigore dal 1 gennaio 2014, data di scadenza dell’incarico del commissario che è stato nominato. La Conferenza metropolitana, composta da tutti i sindaci e dal commissario della Provincia di Genova, entro il 31 ottobre 2013 dovrà deliberare lo statuto della Città metropolitana di Genova. Lo statuto definirà la modalità di elezione del sindaco metropolitano fra tre opzioni: il sindaco metropolitano sarà di diritto il sindaco del capoluogo (Genova); il sindaco sarà scelto da un’elezione di secondo livello da parte dei sindaci e dei consiglieri dei Comuni del territorio; il sindaco sarà eletto a suffragio universale e diretto. Il documento dovrà essere approvato dalla Conferenza metropolitana con una maggioranza dei due terzi, e comunque con il voto favorevole del sindaco di Genova e del commissario della Provincia.
La stesura dello Statuto dell’ente è affidata a tre commissioni composte da otto sindaci più un rappresentante del comune di Genova ciascuna (supportate dai segretari generali della provincia e dei comuni di Genova ed Arenzano), fisserà gli organi, le funzioni, i rapporti con i comuni e il criterio di elezione del sindaco e del consiglio metropolitano. La mancata conversione in legge del decreto di riordino delle province non sta fermando il processo di trasformazione della provincia di Genova in città metropolitana. A fine marzo 2013 scadrà infatti l’incarico del Commissario straordinario della provincia Piero Fossati e si insedierà in via provvisoria, sino allo svolgimento delle elezioni metropolitane, il sindaco di Genova, Marco Doria.
Il dibattito sulle questioni istituzionali e territoriali suscitate dal decreto “spending review” è stato in Liguria piuttosto sterile, stanti anche i vincoli normativi, procedure codificate e i ristretti tempi a disposizione. L’estate ha visto il vicesindaco del Comune di Genova, Stefano Bernini lanciarsi in una provocatoria proposta di suddividere l’attuale territorio comunale in cinque nuovi comuni e di consorziare i piccoli comuni limitrofi al capoluogo con l’obiettivo di creare una città metropolitana composta da comuni di medie dimensioni (in tutto 8 o 9 comuni da 60-70 mila abitanti ciascuno) [1]. Stefano Bernini, si è dichiarato favorevole al decentramento di funzioni esclusive lasciando però alla città metropolitana la gestione dei servizi più importanti, dai trasporti ai rifiuti. La proposta che per un certo periodo è stata fatta propria dal PD, non ha trovato accoglienza nel sindaco Marco Doria e tiepidi riscontri da parte dell’ANCI ligure che ha ritenuto la soluzione troppo complessa.
La riorganizzazione delle province ha registrato l’ipotesi di costituzione della “provincia del Levante” o “provincia dei Parchi” che avrebbe dovuto comprendere l’area del Tigullio (l’area di Levante della provincia di Genova per un totale di circa 150 mila abitanti) aggregata all’attuale provincia della Spezia. Portavoce di questa proposta sono stati in primo luogo il Sindaco di Chiavari (principale centro del Tigullio), del PDL e alcuni esponenti del PD locale. I sostenitori hanno sottolineato le potenzialità turistiche, la vocazione ad una valorizzazione sotto il profilo ambientale e naturalistico (il parco e la riserva marina di Portofino, il parco dell’Aveto, quelli delle Cinque Terre, di Portovenere e di Montemarcello) e una certa omogeneità dell’area rispetto a queste valenze. Questa sembra essere stata l’unica riflessione attenta alle questioni territoriali che si è sviluppata, anche se da subito è apparsa senza concrete possibilità di realizzazione.
Il dibattito che si è sviluppato, seppur debole, ha ricalcato questioni non nuove. Negli ultimi 25 anni il tema della delimitazione territoriale e di possibili forme di istituzionalizzazione dell’area metropolitana genovese (così come quello della provincia del Tigullio) è tornato ciclicamente alla ribalta [2], anche se politiche, azioni, programmi e strumenti di pianificazione territoriale che si sono succeduti nel tempo, non hanno mai assunto il tema come obiettivo prioritario.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta è la Regione Liguria a scendere in campo con il Piano Territoriale di Coordinamento dell’Area Centrale Ligure (adottato dalla Giunta nel 1989 e definitivamente approvato dal consiglio regionale nel 1992). Il piano nasce in una fase di profonda trasformazione dell’economia del capoluogo e la regione individua un progetto strategico per l’area metropolitana genovese mirante a favorirne la transizione verso una diversificazione produttiva di tipo post-fordista. In questo quadro l’area metropolitana genovese comprende l’arco litoraneo tra il savonese e il monte di Portofino a levante (escludendo il Tigullio) e il basso alessandrino verso nord.
Nel 1991 la Regione con la l.r. n. 12 individuava l’area metropolitana genovese in ottemperanza a quanto prescritto dalla legge 142 del 1990. Si trattava di una delimitazione di tipo geografico, il territorio individuato comprende la linea costiera da Cogoleto (a ponente) ai comuni del Golfo Paradiso (a levante), e le valli del genovesato, escludendo una parte dell’attuale provincia di Genova cioè l’area costiera del Tigullio (da Portofino a Moneglia) e il rispettivo entroterra. La possibile suddivisione amministrativa era imperniata sul riconoscimento di due polarità storiche fondamentali: Genova e Chiavari nel Tigullio. Ai sensi della legge 142, non si prevedevano estensioni al di fuori dei confini provinciali e tanto meno regionali.
La l.r. n. 12 una volta fissati i confini, non assegna le funzioni all’entità metropolitana, non individua neppure i percorsi di tipo istituzionale attraverso cui addivenire alla concretizzazione dell’iniziativa, da subito apparse chiaro che la cosa difficilmente si tramuterà in realtà. Non solo, tale delimitazione è decisamente schematica, si limita a dividere in due parti il territorio provinciale senza considerare le effettive gravitazioni e le relazioni che si sviluppano attorno al capoluogo genovese. Per l’area del Tigullio si discute molto della possibilità di acquisire maggiore autonomia attraverso la creazione di una nuova provincia, in Parlamento vengono presentate da parte di esponenti politici locali alcune proposte di legge istitutiva, ma tutto resta lettera morta.
Durante gli anni Novanta, a partire dalla legge 142 del 1990 e dalla costituzionalizzazione del 2001, l’istituzione della città metropolitana di Genova non fa grandi passi in avanti, anche se il dibattito sul tema è tornato ciclicamente di attualità, fino all’estate 2012.
[1] Si vedano gli articoli pubblicati su Repubblica ed. Genova: Ava Zunino, "Nuovi comuni. La mappa dei sogni", in Repubblica ed. Genova, 14 agosto 2012, pag. 5; Ava Zunino, “Città metropolitana? Non vogliamo subirla”, in Repubblica ed. Genova, 15 agosto 2012, pag. 4; Ava Zunino, "Genova divisa in più comuni? Doria dice: no", in Repubblica ed. Genova, 14 settembre 2012, pag. 11
[2] Francesco Gastaldi, “Area metropolitana genovese?”, in Urbanistica Informazioni n. 187, 2003, pagg. 16-18