Carlo Alberto Barbieri, Paolo Galuzzi
L’urgenza di dotare il Paese di principi del Governo del territorio e la natura multifunzionale e multivalente della proposta di legge
Il telaio e i pilastri intorno ai quali ha preso forma la proposta di legge di principi elaborata dall’Inu [1] fanno necessariamente tesoro di un impegno costante che l’Istituto ha profuso nell’arco della sua lunga storia e nei decenni più recenti: tra le molte iniziative, la proposta del 1995 (una legge di regole per pianificare la trasformazione) e quella del 2006-08 (la prima riformulazione post modifica costituzionale del 2001, in forma di principi del testo del ’95), nonché l’attività di ricerca e confronto propositivo con la Siu e il Censu nel corso del 2021 per il rilancio della necessità della Legge di principi del Governo del territorio (Gdt). Una proposta che, qualora assunta e recepita dal Paese e dai legislatori nazionale e regionali, rappresenterà la prima legge di principi del Governo del territorio basata sulla democrazia rappresentativa delle Istituzioni che costituiscono la Repubblica e sulla loro reciproca collaborazione e partecipazione.
La proposta sconta l’assenza di precedenti iniziative legislative a cui riferirsi operativamente se si considerano le 19 materie di legislazione concorrente (e fra di esse il Gdt) previste dal 2001 dalla Costituzione, e prefigura inevitabilmente un’attività su un terreno incerto ma che può far tesoro su alcuni rilevanti elementi di sfondo: una sperimentazione più che ventennale di riforme e pratiche innovative praticate dai Comuni e dalle Regioni; frammentarie iniziative legislative fallite a livello governativo; una ormai matura riflessione disciplinare, anche di natura giuridica, depositatasi nel dibattito dentro e fuori l’Istituto, che consentono di provare a scolpire quei principi fondamentali su cui deve reggersi il Gdt e la sua fondamentale funzione della pianificazione.
Principi a cui necessariamente devono essere affiancate finalità altrettanto fondamentali, in primis per la pianificazione e i suoi strumenti, che richiedono anche l’esplicitazione di norme generali che possano rappresentare una comune essenziale base per l’indispensabile legislazione regionale, capace di tener conto e di valorizzare l’articolazione, le differenze e le specificità dei relativi territori e sistemi socio-economici.
In modo evidente, il Gdt costituisce materia che trova riflessi in altre discipline e in materie inevitabilmente interagenti che competono esclusivamente allo Stato (tutela dei beni culturali, livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali, finanza pubblica e sistema tributario) e che hanno il territorio come recapito e attore protagonista. Ciò rende necessario individuare nessi con misure di riforma economica e sociale e con materie che riguardano da vicino l’ordinamento stesso dello Stato. Per questo la proposta di legge dell’Inu diviene ‘contesto’ per indispensabili relazioni con materie di esclusiva legislazione dello Stato e con altre concorrenti.
Una proposta di legge del Governo del territorio e di riforma della pianificazione che dunque, coerentemente con i principi e le finalità fondamentali, non si esime dall’individuare alcune norme generali anch’esse essenziali per tutto il Paese, ispirate ai principi di uniformità, di prevalenza e di leale collaborazione, sostenibili e praticate con prudenza, equilibrio e responsabilità, laddove si evidenziano esigenze meritevoli di disciplina omogenea nel Paese. Riconoscendo e valorizzando, al contempo, le diversità regionali e percorsi maturati ed affermatisi in questi due decenni dall’attività legislativa regionale, surrogando di fatto principi e regole, che oggi costituiscono un quadro riferimento non organico su cui si appoggiano le attività di pianificazione e di Governo del territorio delle Regioni e degli Enti locali. [2] Al contempo, provando a farne emergere i migliori fattori comuni, per contenere eclettismi indesiderati e facendo ordine su effetti contraddittori prodotti saltuariamente dalla giurisprudenza (anche dalla Suprema Corte), che in assenza e nel silenzio di una corretta attività legislativa dello Stato hanno indirettamente, mai sistematicamente e attingendo a norme del passato, mal surrogato di fatto, gli indispensabili principi della materia concorrente Gdt.
Una proposta di principi e di norme generali, quindi, ma anche: contesto sia di immediata disciplina delle dotazioni urbanistiche e territoriali minime costituenti livelli essenziali di prestazione, a garanzia su tutto il territorio nazionale dei diritti civili e sociali che attraverso la pianificazione urbanistica si intendono assicurare; sia di delega al Governo, per quei contenuti che riguardano (è il caso in particolare della fiscalità) competenze esclusive o compiti (ad esempio le risorse e incentivi utili a sostenere la rigenerazione urbana e territoriale) dello Stato. In questo senso la proposta di legge diviene anche delega (artt. 4 e 19) per il Governo con riferimento almeno a due materie urgenti e decisive, quali la fiscalità urbanistica e la rigenerazione urbana, da non legiferare in modo autoreferenziale e tematico-settoriale, ma articolate dentro la cornice della Legge del Governo del territorio.
Per una nozione ampia e complessa del Governo del territorio
La proposta di legge consta di 24 articoli ed assume il Governo del territorio quale vasto insieme complesso di funzioni e competenze fra loro interagenti e incidenti sul territorio (art. 1), quale il processo decisionale e politico attraverso cui le Istituzioni che di esso sono competenti ai diversi livelli, compiono le scelte sull’ordinamento, organizzazione e sviluppo, mediante la pianificazione del territorio. Ne deriva che il Gdt e la pianificazione, assegnati ai diversi livelli istituzionali corrispondono alla struttura democratico-istituzionale stessa del Paese, applicando i principi di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, coerenza e leale collaborazione alla pianificazione, alla formazione ed approvazione dei piani e alle loro integrate valutazioni (in primis la Vas).
Il Gdt è funzione pubblica, esercitata dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dalle Città metropolitane e dai Comuni nelle forme stabilite dalla legge, che si attua attraverso una pluralità di iniziative formali, sia pubbliche che private, con il fine della prevenzione e della riduzione dei rischi ambientali, di garantire a tutti i cittadini e alle future generazioni condizioni equivalenti di efficienza dell’assetto territoriale e degli insediamenti urbani, di accesso ai servizi pubblici fondamentali e a una condizione abitativa adeguata, di tutela e godimento della natura, del paesaggio e dei beni artistici e culturali. Nel raggiungimento di detti obiettivi il Gdt promuove lo sviluppo sostenibile in relazione alle risorse sociali, ambientali ed economiche anche mediante idonee misure fiscali che assicurino l’organizzazione del territorio e l’effettività delle politiche territoriali, perseguendo il contrasto al consumo di suolo, la rigenerazione territoriale e urbana del sistema insediativo e infrastrutturale, il riuso e la riqualificazione del patrimonio edilizio.
Il Gdt contempla l’insieme delle attività conoscitive, valutative, regolative, di programmazione e di pianificazione, di localizzazione e attuazione degli interventi sul territorio. Persegue, mediante la pianificazione e programmazione del territorio quale principale metodo e attività a suo supporto, la tutela e la valorizzazione del territorio, la disciplina degli usi e delle trasformazioni degli immobili e degli spazi aperti e del sistema della mobilità in relazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile, nonché alle attività di vigilanza e di controllo.
Il Gdt ricomprende, altresì, l’urbanistica, l’edilizia, i programmi infrastrutturali, la difesa del suolo, la salvaguardia idrogeologica, la normativa antisismica e la messa in sicurezza del territorio, la pianificazione della mobilità, la cura degli interessi pubblici funzionalmente collegati a tali materie. Queste attività si concretizzano attraverso atti e piani di competenza regionale e degli altri enti territoriali, che riconoscono le caratteristiche del territorio, determinandone l’organizzazione, le potenzialità e sostenibilità di sviluppo e coesione, di trasformazione e rigenerazione.
I principi fondamentali e le finalità del Gdt
I principi hanno valore assiologico (ciò in cui crediamo), deontico e anche interpretativo nel senso che, laddove la norma non sia definita e dettagliata, il principio offre lo ‘spazio pregnante’ che può e deve essere implementato o riempito con un’ulteriore azione normativa o con la pianificazione.
La proposta di legge si costituisce intorno ai seguenti undici principi fondamentali di:
1. pianificazione integrale del territorio e conciliazione degli interessi diversificati negli strumenti di pianificazione;
2. sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione;
3. sostenibilità e qualità dei sistemi urbani e trasmissione di beni ambientali integri e risorse territoriali efficienti alle generazioni future;
4. eguaglianza territoriale e massima inclusività dei sistemi urbani;
5. leale collaborazione e concertazione interistituzionale, nel rispetto della allocazione per competenze delle funzioni della pianificazione,
6. consensualità, integrabilità e incrementabilità pubblica e privata degli atti di pianificazione;
7. apertura alla partecipazione dei procedimenti di pianificazione;
8. coerenza e competenza tra gli atti dei diversi livelli di amministrazione e coerenza tra i diversi livelli e componenti della pianificazione;
9. adeguato fondamento conoscitivo delle scelte e correlativa coerenza delle scelte;
10. perequazione con equo riparto di vantaggi e oneri nell’attuazione delle previsioni pianificatorie e compensazione degli impatti delle trasformazioni e delle compressioni dei diritti proprietari;
11. semplificazione, collaborazione e buona fede, fiducia e responsabilità, trasparenza e pubblicità.
E alle seguenti undici finalità:
1. sviluppo e continuo aggiornamento delle conoscenze degli aspetti fisici, naturali e antropici, sociali ed economici del territorio e delle città e delle loro trasformazioni, come base delle decisioni della pianificazione;
2. rigenerazione delle parti di città e di territorio obsolete o degradate sotto il profilo fisico, sociale, funzionale, ambientale
3. contenimento e contrasto del consumo di suolo;
4. perseguimento della neutralità climatica e del contrasto alle cause dei cambiamenti climatici e della resilienza agli effetti conseguenti, con particolare attenzione all’autonomia energetica e delle comunità locali;
5. tutela delle risorse naturali e dei beni culturali e ambientali, anche al fine di promuoverne la valorizzazione;
6. individuazione di iniziative di sviluppo, valutandone preventivamente la sostenibilità ambientale ed urbanistica;
7. offerta di adeguate condizioni di accessibilità universale a tutta la popolazione, con particolare riferimento alla mobilità sostenibile e ai bisogni dei soggetti più vulnerabili;
8. soddisfacimento del diritto alla abitazione, al benessere psicofisico e alla protezione dai rischi in un quadro di pieno conseguimento dei principi dell’integrazione sociale e funzionale;
9. conseguimento di obiettivi di qualità dei contesti naturali, e degli ambiti urbanizzati e da urbanizzare
10. recupero a favore dell’interesse pubblico di una quota delle rendite e delle plusvalenze indotte dalle trasformazioni urbanistiche;
11. diffusione di una cultura e metodo della collaborazione, della copianificazione e della concertazione interistituzionali da mettere a frutto nel pieno esercizio delle funzioni del Gdt e di processi di pianificazione per competenze multilivello.
Rigenerazione urbana e territoriale, contrasto e contenimento del consumo di suolo sono fondamentali finalità del Gdt
La rigenerazione urbana e territoriale (art. 3) e il contrasto al consumo di suolo e messa in sicurezza del territorio (art. 5) sono finalità che non possono essere assunte in modo autoreferenziale o come tema settoriale, ma sono parte fondamentale del Gdt e, soprattutto, degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Pertanto vengono trattate all’interno della proposta di legge e relazionate ai principi e alle finalità prima evidenziate.
La rigenerazione urbana e territoriale, aggrega un insieme di interventi coordinati al contrasto al consumo di suolo e fra loro, inerenti il recupero, la riqualificazione e il rinnovo del patrimonio edilizio, il riuso temporaneo o permanente degli edifici dismessi o sottoutilizzati, la realizzazione di alloggi sociali, l’incremento e la qualificazione degli spazi pubblici, le misure di adattamento ai cambiamenti climatici, il potenziamento dei servizi pubblici e privati anche attraverso idonee attrezzature e infrastrutture, la cura della salute e della sicurezza, lo sviluppo di forme di mobilità sostenibile, la rimozione dei detrattori ambientali e dei manufatti incongrui.
La rigenerazione urbana e il recupero di immobili degradati, dismessi o sottoutilizzati, la loro riqualificazione urbanistica, edilizia, ambientale, architettonica, energetica sociale e funzionale costituisce parte importante dell’economia circolare ed è valore di interesse pubblico da tutelare mediante attività a difesa della qualità ambientale urbana, dell’incolumità pubblica, consentendo ai Comuni di diffidare i proprietari o i titolari di diritti su tali immobili ad eseguire i necessari interventi edilizi o urbanistici.
La rigenerazione territoriale può avere prevalente ricaduta sovralocale ed intercomunale ed è finalizzata alla risoluzione di situazioni di degrado urbanistico-territoriale e infrastrutturale, ambientale, socio-economico, al ripristino del suolo naturale e agricolo, al miglioramento della qualità paesaggistica ed ecologica del territorio.
La finalità del contrasto al consumo di suolo sollecita una concreta transizione ecologica della pianificazione, tesa a tutelare e incrementare l’offerta di servizi ecosistemici, migliorare le condizioni di permeabilità dei suoli, rafforzare la biodiversità territoriale e urbana, favorire la rigenerazione dei suoli degradati, ridurre l’inquinamento e gli effetti climatici nelle aree urbane, offrire una migliore qualità della vita dal punto di vista della salubrità, della socialità e dell’integrazione, nonché migliorare la qualità dell’ambiente urbano. Per questa finalità l’articolo 5 della proposta di legge costituisce nozione e norma generale per la necessaria disciplina mediante la legislazione regionale e la pianificazione territoriale e urbanistica.
Un ridisegno delle competenze, dove copianificazione e partecipazione divengono interazione tra i soggetti del Gdt e metodi fondamentali della pianificazione
La proposta sostiene l’indispensabile ruolo dello Stato nel Gdt (art. 6) che interpreta e adatta gli obiettivi di programmazione dello sviluppo del territorio europeo alle condizioni nazionali. Con cadenza relativa alla programmazione europea, lo Stato redige il Quadro strategico nazionale e le Linee fondamentali di assetto del territorio (ai sensi dell’art. 52 Dlgs 112/98), finalizzato allo sviluppo sostenibile del Paese e cura il Monitoraggio nazionale delle trasformazioni insediative e delle politiche urbane nonché l’elaborazione di un Rapporto triennale sullo stato del territorio collegato al Dpef, volto alla conoscenza dei cambiamenti in atto.
Le Regioni (art. 7) adattano i principi e le norme generali alle esigenze e condizioni specifiche e caratteristiche dei loro territori, sociali, economiche, culturali e amministrative, nonché alla pianificazione territoriale e urbanistica, sviluppando politiche e progetti, da condurre in cooperazione con le Città metropolitane, le Province e i Comuni interessati, promuovendo l’interrelazione dei loro piani con la pianificazione e programmazione regionale.
I Comuni, le Unioni, le Città metropolitane e le Province definiscono, con propri strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, la struttura e la strategia di sviluppo sostenibile, l’assetto e organizzazione del territorio, nell’ambito delle rispettive competenze (art. 8).
Un ridisegno del sistema di pianificazione col metodo della copianificazione interistituzionale e ispirato ai principi di competenza, di coerenza, di leale collaborazione, di concertazione
La pianificazione, in quanto componente essenziale del Gdt, è intesa nel progetto di legge come processo collaborativo di tipo orizzontale, sviluppato per competenza attraverso la copianificazione e sostenuto essenzialmente dal principio di coerenza. Un modello profondamente diverso da quello oggi praticato, che privilegia, anche quando non necessario, un approccio per conformità fra livelli e funzioni differenti di discipline di piano. Ciò richiede un cambiamento culturale e amministrativo nei modi di pensare e praticare la pianificazione, attraverso il quale superare definitivamente il modello di tipo gerarchico-verticale – il cosiddetto ‘sistema dei piani a cascata’ – derivato dalla L 1150/42, radicato nella concezione della pianificazione che ne è conseguita e nella prassi amministrativa che ne è derivata. In questa prospettiva, la pianificazione territoriale assume efficacia giuridica di indirizzo e/o direttiva per i piani urbanistici e costituisce quadro di riferimento per il coordinamento delle pianificazioni e delle politiche settoriali comunque denominate ed afferenti agli enti territoriali o autorità, che producano effetti sul territorio.
In questo ridisegnato quadro di competenze, la copianificazione (art. 10 dell’articolato) costituisce metodo fondamentale di applicazione dei principi di sussidiarietà, di adeguatezza, di leale collaborazione per competenza, di coerenza e semplificazione alla pianificazione del territorio. Prevede la partecipazione attiva e con pari dignità delle istituzioni, anche statali, nell’ambito e per le rispettive competenze di pianificazione del territorio, durante il processo di formazione e approvazione dei piani, mediante conferenze interistituzionali di copianificazione e valutazione ove sviluppare il confronto costruttivo, di condivisione multilivello e di durata certa. Anche la Valutazione ambientale strategica (Vas) dei piani si svolge all’interno delle Conferenze come endoprocedimento della formazione e approvazione dei piani, a cui partecipano l’autorità competente preposta e i soggetti con competenza ambientale. Le Conferenze di copianificazione e valutazione sono convocate e presieduta dal legale rappresentante dell’ente competente all’approvazione del piano o da un suo delegato.
I processi decisionali che riguardano la pianificazione prevedono la partecipazione e il coinvolgimento degli interessi collettivi e diffusi nei processi di formazione degli strumenti urbanistici, applicando il principio di sussidiarietà, di collaborazione e il metodo della copianificazione e la dotazione di strumenti al fine di rendere efficace il coordinamento inter-attoriale e l’attuazione di azioni concertate.
La dimensione strategico e strutturale caratterizza l’intera filiera della pianificazione territoriale, paesaggistica e ambientale, urbanistica, delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni e delle loro Unioni al fine di garantire le necessarie coerenze e differenze di efficacia e facilitare le interazioni e le complementarietà tra i diversi livelli di pianificazione, indirizzando anche le modalità di recepimento della programmazione economica comunitaria, nazionale, regionale e locale. Al fine di limitare i conflitti interpretativi e la sovrapposizione normativa tra piani settoriali e piani urbanistici e territoriali generali, le leggi regionali definiscono il riparto delle funzioni pianificatorie, affinché i piani disciplinino esclusivamente i contenuti di propria competenza (art. 13).
La pianificazione urbanistica e le sue funzioni alla prova del principio di coerenza
Le leggi regionali disciplinano e assicurano che la pianificazione urbanistica dei Comuni o delle Unioni, preferibilmente in unico Piano urbanistico generale, contempli e distingua la funzione strutturale e strategica da quella regolativa e dalla funzione operativa. Mentre la prima funzione ha natura giuridica configurativa e performativa, la funzione regolativa e la funzione operativa sono associate ad una natura giuridica conformativa (art. 14).
La funzione struttural-strategica traduce sul territorio gli obiettivi perseguiti per il futuro della città e del territorio interessati dando obbiettivi, forma e organizzazione generale. La funzione regolativa riguarda il trattamento delle parti di territorio da conservare, consolidare e riqualificare con regole urbanistiche ed edilizie che consentono interventi ad attuazione diretta. La funzione operativa, è intesa come eventuale e non obbligatoria: ai sensi del principio di integrabilità e incrementabilità pubblica e privata degli atti di pianificazione, si attiva come implementazione della funzione struttural-strategica qualora maturino operazioni rilevanti e/o complesse di trasformazione e rigenerazione urbana e territoriale. Gli accordi e gli strumenti urbanistici attuativi pubblici e privati della funzione operativa, hanno una validità di 10 anni dalla loro entrata in vigore, entro la quale deve essere iniziata l’attuazione, trascorso comunque il termine di 5 anni senza che siano stati stipulati i relativi atti convenzionali, le capacità edificatorie connesse alle previsioni edificatorie decadono.
In applicazione del principio di coerenza e del principio di semplificazione, le varianti sono limitate ai soli casi in cui le progettualità della funzione operativa o le eventuali modifiche interne alla funzione regolativa non siano coerenti con gli obiettivi e i contenuti struttural-strategici del piano urbanistico. Le modifiche che, diversamente, mantengono una motivata coerenza, non costituiscono variante del piano urbanistico e sono approvate con semplici atti deliberativi di Consiglio comunale o unionale.
I piani urbanistici sono formati e approvati mediante il metodo e le procedure delle Conferenze di copianificazione (art. 10) come disciplinate dalla legislazione regionale. Il Piano urbanistico si avvale di un quadro conoscitivo sovralocale, fornito dalle Istituzioni competenti (vincoli, dati, informazioni, ecc.) e di una interpretazione strutturale locale da condividersi in sede di copianificazione interistituzionale.
Praticare discipline di coerenza e pianificare progettualità
L’applicazione del principio di ‘coerenza’ nel piano urbanistico consente di ridurre la contraddizione tra rigidezza e operatività, introducendo una sostenibile flessibilità, evitando di ricorrere a continue varianti puntuali o a misure derogatorie. Una coerente implementazione e gestione operativa e progettuale del piano consente di rispondere alla necessità di pianificare e progettare in condizioni ad elevato grado di incertezza; di aprirsi a una gestione della progettualità continuativa nel tempo nel conseguire le trasformazioni e rigenerazioni più complesse, senza dover ricorrere a lunghe ed inefficienti procedure di variante per ovviare alla rigidezza del piani urbanistici tradizionali. Stabilità strutturale ed elasticità operativa, modalità concorsuali, selettive e valutative strette in accordi con i privati di cui alla L 241/2001 e/o progetti urbanistici operativi pubblici o privati convenzionati, che sviluppino la coerenza con gli obbiettivi, finalità ed esiti attesi assegnati dalla funzione struttural-strategica e verifichino le prestazioni, la sostenibilità e le ricadute sociali e collettive di una trasformazione complessa, insieme ad una autorevole modalità di gestione e accompagnamento delle relative attuazioni nel tempo, misurano lo spazio di ‘coerenza’ e di discrezionalità motivata; uno spazio rapportato al risultato e non alla rigidezza della conformità, operando nel divenire del progetto urbanistico, con i necessari adattamenti in corso d’opera coerentemente agli obiettivi generali che si vogliono conseguire. È in tal senso, nel perseguimento del pubblico interesse, che i Comuni possono ricorrere ad accordi con i soggetti privati al fine di recepire proposte di interventi coerenti con gli obiettivi, finalità ed esiti attesi definiti negli atti di pianificazione urbanistica generale e nel rispetto delle dotazioni urbanistiche e territoriali minime (art. 20).
Con queste finalità la proposta distingue la natura non conformativa della funzione strutturale-strategica, che viene a caratterizzarsi come ‘performativa’, in quanto sostenuta da prestazioni che permettono di superare una soluzione finale, e insieme ‘prefigurativa’, in quanto aperta e orientata a definire gli elementi essenziali per le trasformazioni future. La capacità di ‘prefigurare’ scenari futuri di forme e organizzazione, aderendo al principio di ‘coerenza’, rilancia quella attitudine progettuale nella trasformazione fisica della città e del territorio, che rimane un riferimento sfidante quando ci si misura con le strategie, minute o complesse, di rigenerazione di assetti urbani, ambientali e paesaggistici già ampiamente configurati.
Garantire il diritto alla città pubblica e alla qualità urbana stabilendo i livelli essenziali di prestazione con riferimento a dotazioni urbanistiche-territoriali e servizi
In materia di standard urbanistici, la proposta di legge opera con due distinti profili funzionali: i principi e le norme generali (art. 16) e le regole di disciplina prescrittiva (art. 17).
In termini di principi e norme generali, introduce un’importante e sostanziale distinzione tra dotazioni e servizi.
Le dotazioni si distinguono, a loro volta, in ‘urbanistiche e territoriali’ ed ‘ecologiche e ambientali’. Le prime costituiscono quell’insieme di aree, edifici e attrezzature pubbliche, o private di uso pubblico, finalizzato alla realizzazione e fornitura di servizi di pubblica utilità e interesse collettivo, a favorire idonee condizioni insediative e di qualità della vita, di relazione, di coesione sociale nonché a migliorare l’accessibilità universale, la qualità e la fruibilità dello spazio pubblico, da impiegare anche con assegnazione di usi temporanei.
In aggiunta, le dotazioni ecologiche e ambientali sono composte dalle aree di proprietà pubblica e/o privata, naturali o semi-naturali, che concorrono al raggiungimento delle finalità di sostenibilità ambientale assunte dal piano urbanistico. L’inclusione entro questa fattispecie di dotazioni delle aree private risponde all’intenzione di assegnare anche ai suoli privati il compito di concorrere al miglioramento delle prestazioni ecologico-ambientali della città.
Complementarmente, i servizi rappresentano le azioni e/o le opere che si concretizzano nella fornitura e/o nello svolgimento di funzioni al fine del soddisfacimento dei bisogni della collettività, rinviando ad una dimensione operativa e gestionale delle politiche pubbliche.
La proposta di legge assegna alle Regioni, nell’ambito dell’esercizio
delle proprie competenze legislative in materia di Governo del territorio ed in relazione alle specificità del contesto regionale, il compito di definire, in termini quantitativi, qualitativi, tipologici e prestazionali, contenuti e disciplina delle dotazioni urbanistiche e territoriali, da considerarsi aggiuntive e integrative rispetto a quelle minime e inderogabili del successivo art. 17, per offrire al territorio la possibilità di dotarsi di ulteriori riserve di aree da finalizzare al miglioramento della qualità urbana tenendo conto dei bisogni effettivi e dell’evolvere della domanda di servizi delle realtà locali. Conseguentemente, la proposta di legge dispone che, al fine di accertare periodicamente lo stato di fatto quali-quantitativo delle dotazioni, dei servizi e dei fabbisogni, le Regioni definiscano appositi protocolli di rilievo e classificazione cui i Comuni devono attenersi.
In merito alle regole di disciplina prescrittiva (art. 17), la proposta di articolato riconosce, dopo oltre cinquant’anni di vigenza del Di 1444/1968, il valore di tale norma quale caposaldo per la pianificazione urbanistica resa obbligatoria dalla Legge 765/1967. Essa infatti costituisce indispensabile garanzia per la messa in opera di diritti fondamentali dei cittadini attraverso scuole di ogni ordine e grado, ospedali, parchi e aree verdi sportive e ricreative, attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi), ovvero per assicurare il telaio minimo indispensabile di funzionalità pubbliche che assolvono compiti essenziali per le comunità. Per tale ragione, la proposta di legge rivisita e attualizza la materia degli standard urbanistici, conferma la necessità di perseguire l’equità sociale e la garanzia dei servizi pubblici su tutto il territorio nazionale tramite dotazioni urbanistiche e territoriali minime e inderogabili, che trovano all’art. 17 precipuo fondamento nell’applicazione dell’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione ovvero nella competenza esclusiva dello Stato relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sull’intero territorio nazionale. Ciò è tanto più necessario, quanto più si consideri il quadro nazionale significativamente disuguale e a macchia di leopardo, ove Regioni e Comuni con significative quote di spazi da destinare alla realizzazione di servizi pubblici e di interesse collettivo ne affiancano altri in cui non è raggiunto neppure il minimo livello di civiltà urbana.
Così operando, la proposta di legge disciplina le dotazioni urbanistiche e territoriali minime e inderogabili stabilendo che, a livello locale, per gli insediamenti a destinazione d’uso residenziale sia assicurata per ogni abitante, insediato o da insediare, la quantità minima e inderogabile di mq 18 per servizi pubblici o di uso pubblico riservati alle attività collettive, all’istruzione, a verde pubblico, alla sosta e alle sedi viarie per la mobilità ciclabile e pedonale. Ulteriori disposizioni riguardano gli insediamenti con altre destinazioni urbanistiche. In tutti i casi viene disposto che le aree per la realizzazione dei servizi siano organizzate secondo i criteri di una effettiva accessibilità universale e fruibilità, della continuità ecologica, della funzionalità ecosistemica e del miglioramento della biodiversità e del paesaggio urbano.
La verifica di tali dotazioni non è più condotta con riferimento alle Zone territoriali omogenee del Di 1444/68 ma viene svolta rispetto a quattro Ambiti spaziali non più caratterizzati funzionalmente o per tipo di intervento, ma identificati in relazione a qualità, caratteri e natura dei sistemi insediativi urbani e rurali.
Infine, laddove le dotazioni minime e inderogabili siano già assolte o, altresì, nei casi in cui non vi sia la possibilità di reperire aree idonee, la proposta di legge stabilisce la disciplina per le monetizzazioni.
Perequazione urbanistica e territoriale e fiscalità al servizio della rigenerazione urbana e territoriale
Il principio generale della perequazione urbanistica persegue l’indifferenza dei proprietari di beni immobili alle scelte degli strumenti di pianificazione urbanistica e si realizza attraverso l’equa ripartizione tra i proprietari immobiliari dei benefici e degli oneri generati dalle scelte di detti strumenti di pianificazione urbanistica in merito alla realizzazione delle dotazioni urbanistiche e territoriali e degli immobili privati.
La perequazione urbanistica è realizzata attraverso l’attribuzione di capacità edificatoria agli immobili oggetto di trasformazione, indipendentemente dalla destinazione pubblica o privata degli stessi, secondo criteri di oggettività ed equità, e comporta la concentrazione di tale capacità edificatoria su parti limitate con la cessione gratuita al Comune, per le dotazioni urbanistiche e territoriali delle altre parti rimaste per effetto della suddetta concentrazione.
La funzione struttural-strategica del piano urbanistico definisce i criteri e le modalità applicative della perequazione, da osservarsi nello sviluppo della funzione operativa del piano. Solo per effetto dell’approvazione dei piani urbanistici attuativi e degli accordi urbanistici pubblico-privato che realizzano la perequazione urbanistica, la capacità edificatoria riconosciuta agli immobili dà luogo a diritti di edificazione e relativo rilievo fiscale.
La perequazione territoriale persegue l’equità fra territori facenti parte della Città metropolitana, Provincia o Unione dei Comuni, curando che le opportunità economiche di cui possono beneficiare i territori avvantaggiati producano effetti positivi anche nei territori svantaggiati.
Le Regioni, con propria legge, disciplinano i criteri e le modalità applicative della perequazione territoriale.
La fiscalità urbanistica (art. 19) riguarda i tributi che possono essere impiegati, in tutto o in parte, nella perequazione urbanistica e territoriale: il contributo straordinario sul maggior valore immobiliare, gli oneri di urbanizzazione secondaria, le monetizzazioni per mancate cessioni di aree per dotazioni urbanistiche, il contributo sul costo di costruzione, ovvero il contributo per la rigenerazione urbana e territoriale, l’imposta municipale unica.
Nella proposta la fiscalità urbanistica viene affrontata nel complesso delle finalità del Gdt, lasciando alle Regioni il compito di disciplinare i tributi che le proprietà immobiliari e gli operatori economici sono tenuti a corrispondere agli enti territoriali, finalizzandoli verso il contrasto al consumo di suolo e al sostegno della rigenerazione urbana, e, più in generale, verso l’attuazione di politiche pubbliche di rilievo urbanistico, sociale, ambientale e culturale.
[1] Il testo è stato discusso preliminarmente nel Consiglio direttivo nazionale dell’Inu del 3.3.23 sulla base dei lavori preparatori del XXXI Congresso Inu (Bologna, novembre 2022). La bozza di Articolato è stata elaborata in progress dal Gruppo di lavoro Inu di urbanisti e giuristi per discuterlo e integrarlo nelle sedute dei Consigli direttivi nazionali Inu del 7.7.23 e del 20.10.23, tenendo conto dei contributi pervenuti dalle Sezioni regionali dell’Inu.
[2] Le proposte dell’Inu hanno fatto da riferimento, con ciò quasi ‘surrogando’ il silenzio e l’inattività più che ventennale dello Stato, nei confronti della legislazione regionale urbanistica di seconda e terza generazione (pre e post modifica costituzionale del Titolo V nel 2001).