Urbanistica INFORMAZIONI

Conoscere, formare, pianificare

Nel panorama contemporaneo, la capacità di affrontare le sfide complesse globali – e in continuo cambiamento – della transizione verde, digitale ed energetica, della coesione sociale e del contrasto alle nuove povertà, è strettamente legata a tre pilastri fondamentali: conoscenza, formazione e pianificazione.
La conoscenza costituisce un fondamento dell’azione umana, offrendo la base sulla quale costruire l’analisi e la comprensione dei territori per risolvere problemi ed è essenziale per impostare piani efficaci e sostenibili.
La formazione, a sua volta, è un processo intenzionale e strutturato, la chiave che trasforma questa conoscenza in competenze impiegabili per promuovere e supportare modelli di sviluppo sostenibile per le società. Attraverso la formazione (che a livello superiore avviene anche in contesti formali come quelli dell’istruzione universitaria), gli individui acquisiscono abilità e competenze specifiche per svolgere i compiti tecnici e amministrativi cui saranno chiamati.
Nella misura in cui la pianificazione riguarda l’organizzazione e progettazione, nello spazio e nel tempo, di politiche, progetti e azioni in modo coerente, sistematico e strutturato, includere la dimensione della conoscenza nella pianificazione è essenziale per assumere decisioni informate e affrontare le sfide in modo efficace. Allo stesso modo, la formazione svolge un ruolo cruciale nella pianificazione e richiede di essere programmata – possibilmente ispirandosi al paradigma dell’educazione permanente o dell’apprendimento continuo (lifelong learning) – per sviluppare le competenze necessarie a svolgere i compiti che premono sull’agenda del governo del territorio.
Questi tre elementi interagiscono e si sostengono a vicenda, delineando l’importanza di assumere un approccio integrato per affrontare le sfide contemporanee.

Analizzare per pianificare

Molte leggi urbanistiche di prima generazione (certamente la piemontese Lr 56/1977 di Giovanni Astengo) sono state innovatrici in questo campo: hanno riconosciuto il ruolo essenziale di un apporto conoscitivo e lo hanno reso una componente essenziale del piano attraverso l’indicazione articolata di analisi da produrre a supporto della relazione illustrativa, così come degli allegati tecnici al piano. Così facendo hanno inteso introdurre elementi di razionalità e sistematicità nella pianificazione, sia per renderla tecnicamente più solida, sia per promuovere maggiore trasparenza delle scelte e consentire una partecipazione più corretta degli operatori e dei singoli cittadini alla discussione tanto delle linee generali quanto della parte normativa più specifica.
Lo hanno fatto raccogliendo e riversando nell’articolato di legge i contenuti più qualificanti del dibattito urbanistico degli anni 60-70 del Novecento: la preoccupazione per il miglioramento qualitativo della città attraverso la dotazione o l’adeguamento dei servizi e delle infrastrutture, l’impegno per il contenimento dell’urbanizzazione del territorio e il relativo consumo di suolo, il recupero del patrimonio edilizio degradato, la più stretta connessione fra previsioni di trasformazione fisica e cambiamento della struttura socio economica.
Ma le leggi, in molti casi, hanno anche saputo anticipare temi che solo nei decenni successivi avrebbero trovata larga occasione di dibattito e di applicazione, imponendo già alcuni contenuti analitici giustificati dall’emergere di problemi che gli anni 80 e 90 avrebbero fatto esplodere: fra tutti, la questione ambientale, così come la questione dei centri storici, la difesa del territorio agricolo e il contenimento del consumo di suolo, la necessità di controllare l’attuazione del piano.
Le leggi urbanistiche regionali hanno assunto una postura che attribuisce fiducia e ruolo importanti alle analisi e punta a rendere obbligatorio almeno un minimo apparato conoscitivo. Definendone addirittura lo standard qualitativo attraverso l’elenco dei tipi di analisi e la loro collocazione temporale entro il processo di formazione del piano.
Va osservato, inoltre, come, fin dalla prima stagione, non sia mancata la consapevolezza delle potenzialità che si aprivano all’apparato conoscitiva per effetto dei progressi delle tecnologie informatiche. Alcuni degli elaborati sono stati introdotti per mettere in grado la struttura regionale di procurarsi informazioni sintetiche sui contenuti dei piani, soprattutto nell’ipotesi che poco per volta è andata consolidandosi, di poter costruire un sistema informativo regionale di supporto alla conoscenza dello stato e delle previsioni di urbanizzazione e trasformazione dei comuni.

Quali analisi per quali piani

Nello scenario dato dalla condizione contemporanea è evidente che siano da ipotizzare nuovi contenuti, modi, tempi per le analisi e soprattutto un rapporto fra analisi e piano diverso da quello che ha caratterizzato l’applicazione delle leggi regionali di prima generazione: nuovi tipi di piano – e di analisi – sono giunti a maturazione, con tempi e caratteristiche sensibilmente diversi nelle diverse regioni italiane ma invocando, in tutti i casi, in tema di conoscenze per la pianificazione, finalità più coerenti con il ruolo che oggi il piano sembra dover svolgere: conoscere per individuare le vulnerabilità del territorio, prevenire disastri e orientare adattivamente gli interventi a favore dello sviluppo sostenibile.
In quest’ottica le analisi devono soprattutto consentire di sapere di più e meglio su tutto quello che può favorire il determinarsi di condizioni opportune a questo fine e quindi devono puntare a riconoscere, per accrescerle:
* la qualità, studiando gli aspetti qualitativi di vita urbana, struttura sociale, ambiente fisico e non, e non limitandosi a censire la presenza e la quantità di funzioni ed uso del suolo;
* le specificità, identificando le potenzialità locali per usarle al fine di dare vita a luoghi dotati di propria identità e non solo di distribuire destinazioni d’uso;
* la flessibilità, correlata ad analisi su uno stato di fatto continuamente aggiornato e a norme soprattutto improntate alla coerenza per poterle adattare alle mutevoli condizioni del contesto e della stessa natura dei processi;
* la fattibilità, rendendo esplicite le condizioni da cui dipende l’attuazione del piano (il funzionamento e le tendenze del mercato, le esigenze degli operatori pubblici e privati, le relazioni con i processi economici;
* la continuità, organizzando la struttura conoscitiva e facendo un uso sofisticato delle tecniche di trattamento delle informazioni per tenere costantemente aggiornate le conoscenze sull’attuazione del piano e spostare di fatto l’attenzione delle analisi sull’attuazione.In quest’ottica, il ruolo delle analisi chiede di essere orientato non tanto a consentire la verifica del rispetto delle regole quanto a rendere queste ultime flessibili, ad agevolare il coordinamento dei piani alle diverse scale, a mantenere aggiornata la conoscenza delle reali modificazioni innescate dal piano. Inoltre, contenuti e livelli di approfondimento diverso sono da prevedere sia in relazione alle diverse componenti che costituiscono lo strumento di pianificazione ma anche per comuni con diverse dinamiche, situazioni e dimensioni.

A complemento di ciò va detto che attualizzare ruolo e contenuti delle analisi potrebbe rendere più efficace anche la funzione di supporto alla trasparenza che, prevalentemente, le leggi collocano nelle fasi delle osservazioni: analisi più articolate, più chiaramente finalizzate, continue, basate su informazioni più qualificate, confrontate con stato di fatto, limitazioni e vincoli, iniziative alla scala vasta da sottoporre alla discussione dei cittadini, degli utenti e degli operatori. Così facendo, i momenti di consultazione e di presentazione di osservazione potrebbero divenire meno rituali.

A proposito di sussidiarietà

È necessario attivare un nuovo tipo di rapporto fra le istituzioni del governo del territorio, rovesciato rispetto a quello attuale, in cui la regione svolga funzioni non solo di controllore ma soprattutto di consulente e di collaboratore, nonché di fornitore di dati e indicazioni in momenti precoci dell’iter di formazione di un piano ed in cui il comune agisca, contemporaneamente, da cliente e da produttore di informazioni per il sistema informativo regionale, sollecitando tale funzione della regione e ricevendone incentivi di vario tipo, dalle agevolazioni procedurali al supporto in termini di cartografie, dati, assistenza.
Si rivela di grande importanza puntare a un ruolo strutturale delle analisi nella pianificazione come terreno privilegiato su cui realizzare il rapporto cooperativo fra enti diversamente competenti in materia di governo del territorio. è infatti a dei quadri conoscitivi articolati ed aggiornati che può essere affidata la verifica di compatibilità di ogni piano locale con lo stato di fatto e con le strategie perseguite da altri comuni ed enti a scala vasta.
Ciò richiede, però, produrre e gestire efficacemente gli strumenti di conoscenza di questi caratteri: in questo modo prenderebbe corpo un nuovo tipo di rapporto tra parte propositiva e conoscitiva del piano.
è chiaro che questa ipotesi comporta un cambiamento di impostazione del processo e del modello della pianificazione e, nei casi in cui le leggi regionali siano ancora ancorate a modelli del passato, è quindi difficilmente compatibile con ‘ritocchi’ della normative vigente ma richiede una riforma generale. In tutti i casi, è per prima cosa necessario definire questi aspetti entro la cornice di una legge di principi che orienti tutte le regioni, anche le più virtuose, in questa direzione.
Solo un cambio di passo, dunque, potrebbe consentire di introdurre pienamente elementi innovativi di questa portata.

Per concludere

Va però preso atto che non si può identificare entro il perimetro di una legge – tanto di disciplina urbanistica regionale quanto di principi nazionale – l’unico elemento da dover cambiare. L’organizzazione tecnica delle istituzioni a tutti i livelli, lo spirito con cui gli enti comunali interagiscono in tema di pianificazione del territorio ed il profilo formativo dei tecnici della pubblica amministrazione e delle aziende private richiedono di essere riformati e aggiornati ancor prima.
Ciò chiama in causa l’università, gli ordini professionali e gli altri enti che di questo profilo hanno, a diversi gradi, la principale competenza.
Spetta dunque anche a queste istituzioni il compito di contribuire, assieme ad un adeguato apparato normativo, al buon esito del governo del territorio, al passo con le esigenze di oggi.
Molte delle possibilità di successo in questa direzione dipenderanno dalla capacità dei tecnici, pubblici e privati, di interpretare correttamente l’evoluzione dei processi in atto e quindi dalla loro formazione per una funzione molto più articolata e complessa, ma anche molto più carica di responsabilità, qual è quella delineata dalla condizione contemporanea.
Dai percorsi formativi continui dei tecnici deriverà in larga misura la qualità dei piani, della pianificazione, del territorio. E questo risultato è ancora molto difficile da ottenere in virtù delle sole regole.

Data di pubblicazione: 17 febbraio 2024