La Terra ha circa 4,5 miliardi di anni. I fossili più antichi conosciuti fanno risalire la presenza di forme di vita a 3,7 miliardi di anni ma gli scienziati ritengono che condizioni adatte a sostenere la vita fossero presenti già 600 milioni di anni prima, periodo in cui la vita potrebbe essere emersa ripetutamente, solo per essere spenta da collisioni catastrofiche con asteroidi e comete.
L’origine della vita sulla Terra rappresenta uno dei grandi misteri della scienza. Sono state proposte varie risposte, tutte non verificate. Per scoprire se siamo soli nella galassia, dovremo capire meglio le condizioni geochimiche che nutrirono le prime forme di vita, quali cicli dell’acqua, della chimica e dell’energia solare hanno favorito le reazioni chimiche che hanno permesso alla vita di emergere.
Poiché la vita è nata in condizioni della crosta terrestre in gran parte sconosciute, rispondere a queste domande rimane una sfida fondamentale.
La cosa certa è che l’avvento della vita ha trasformato le condizioni ambientali anteriormente presenti per miliardi di anni. Prima di allora la Terra era un luogo desolato, ostile e sterile, una sfera rocciosa con mari poco profondi, avvolta da una sottile fascia di gas, in gran parte anidride carbonica, monossido di carbonio, azoto molecolare, idrogeno solforato e vapore acqueo.
Questo stato strettamente inorganico della Terra è chiamato “geosfera” ed è costituito dalla “litosfera” (lo strato solido della geosfera, in sostanza suolo e rocce), dall’”idrosfera” (l’acqua in superficie, in profondità e in atmosfera, allo stato di vapore, liquido o solido), e dall’”atmosfera” (lo strato di aria che si estende sopra la litosfera e l’idrosfera).
Lo sviluppo della vita nel sottile strato esterno della geosfera ha formato quella che viene chiamata la “biosfera”, la “zona della vita”, una pellicola che assorbe energia e che utilizza la materia della Terra per creare sostanza vivente.
La biosfera si sovrappone alle altre tre sfere e si sviluppa per circa 20 km, dagli strati più profondi delle radici degli alberi agli ambienti bui delle fosse oceaniche, dalle fitte foreste pluviali alle sommità delle vette alpine. Eppure, quasi tutte le specie viventi si concentrano tra i 500 m delle profondità marine e i 6.000 m sopra il livello del mare.
Le prime forme di vita della biosfera, chiamate “procarioti” (organismi costituiti da una singola cellula priva di un vero nucleo o di altri organelli cellulari), furono capaci di sopravvivere senza ossigeno. Alcuni svilupparono un processo chimico unico, utilizzando l’energia luminosa per produrre zuccheri semplici e ossigeno a partire da acqua e anidride carbonica, attraverso la “fotosintesi”. Questi organismi erano così abbondanti da determinare profondi cambiamenti nella composizione dell’atmosfera, una miscela di ossigeno e altri gas in grado di sostenere forme di vita sempre più complesse. Di conseguenza, milioni di piante diverse e altre specie fotosintetiche si sono sviluppate. Gli animali che consumano piante (e altri animali) si sono a loro volta evoluti. Batteri e altri organismi si sono sviluppati per decomporre la massa di piante e animali morti.
La biosfera trae vantaggio da questa rete alimentare. I resti di piante e animali morti rilasciano sostanze nutritive nel suolo e nell’oceano e, eventualmente, sono assorbiti dalle piante. Questo scambio di cibo ed energia ha reso la biosfera un sistema autosufficiente e autoregolamentato. Tuttavia, l’intensificarsi delle attività umane sul pianeta, a partire dall’inizio della rivoluzione industriale (intorno al 1750), ha alterato in maniera significativa (i) una serie di processi bio-geo-chimici del pianeta, tra cui quelli di azoto, fosforo, carbonio e acqua, (ii) i principali sistemi di circolazione fisica del pianeta (clima, stratosfera, sistemi oceanici), (iii) le caratteristiche biofisiche della Terra che contribuiscono alla resilienza di fondo della sua capacità di autoregolamentazione (biodiversità marina e terrestre, sistemi terrestri e due caratteristiche critiche associate al cambiamento globale di origine antropica: il carico di aerosol e l’inquinamento chimico).
Queste alterazioni stanno portando, inter alia, a una perdita dell’integrità della biosfera.
Un rapporto dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), la massima autorità scientifica mondiale in materia, ha rivelato che la natura, per cause prevalentemente antropogeniche (in ordine di importanza: distruzione di habitat, prelievo eccessivo di risorse biologiche, inquinamento, specie aliene invasive, cambiamenti climatico), sta diminuendo a ritmi senza precedenti nella storia umana e che il tasso di estinzione delle specie e di distruzione e degradazione degli habitat sta accelerando. Il Rapporto rileva che circa 1 milione di specie animali e vegetali sono a rischio di estinzione.
Attualmente la biosfera ospita circa 8,7 milioni di specie eucariotiche, ossia quelle dotate di un nucleo cellulare ben definito, isolato dal resto della cellula da una membrana e contenente la maggior parte del materiale genetico: piante, animali, funghi ed eucarioti unicellulari come i protozoi. Di queste circa 2,2 milioni sono marine. Le specie catalogate sono circa 1,4 milioni e meno dell’1% di esse è stato studiato per le loro relazioni ecologiche e il ruolo negli ecosistemi. Poco più della metà delle specie citate sono insetti, che dominano le comunità terrestri e d’acqua dolce. Pertanto, le relazioni degli organismi con il loro ambiente e il ruolo che le specie svolgono nella biosfera stanno appena iniziando a essere compresi.
Eppure, lo stesso rapporto ci dice anche che è ancora possibile arrestare e invertire il declino e che la natura può essere conservata, ripristinata e utilizzata in modo sostenibile, a condizione che si mettano in atto con urgenza azioni per ridurre le minacce: aree protette, ripristino di popolazioni ed ecosistemi, integrare il valore della natura nei settori economici e in particolare in quelli responsabili della perdita dell’integrità del pianeta, accelerare una riorganizzazione di sistema attraverso fattori tecnologici, economici e sociali, inclusi paradigmi, obiettivi e valori.