Urbanistica INFORMAZIONI

Attualità del piano intercomunale

Con questo breve contributo non mi indirizzerò alla fase, per così dire, eroica della pianificazione intercomunale. Intendo dire, quella cui ci riporta l’esperienza torinese degli anni ’60 (e la figura di Giampiero Vigliano), o quelle all’incirca coeve dei piani intercomunali di Bologna e Milano. O, ancora, il Piano regolatore intercomunale di Bergamo, tra fine anni ‘50 e inizio anni ‘70. [1]
D’altra parte, potrei aggiungere che quelle esperienze interpretavano la tensione del progetto territoriale a una arealità vasta dell’urbano di tipo metropolitano, che allude alle questioni della pianificazione poi divenute caratterizzanti per il cosiddetto ente territoriale intermedio e la dimensione sovracomunale (Bottini 2006).
Le istanze che oggi reclamano una rinnovata centralità della pianificazione intercomunale la riconoscono, invece, soprattutto come (opportuna) opzione sinergica e collaborativa di realtà comunali che descrivono non l’eccezionalità (metropolitana) bensì la normalità del sistema insediativo e amministrativo italiano, la sua medietà; e in particolare la normalità di quelle realtà più esposte a fragilizzazione, se non addirittura a marginalizzazione.

L’istituto del piano intercomunale

La Legge urbanistica nazionale 1150/42 prevede l’istituto del Piano regolatore generale intercomunale e gli dedica l’art. 12. Dispone per il Prgi le stesse modalità d’approvazione del Prg. Vi si può ricorrere (su richiesta delle amministrazioni comunali al Ministero dei Llpp) “Quando per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più Comuni contermini si riconosca opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l’assetto urbanistico dei Comuni stessi”.
Dopo il trasferimento alle Regioni della materia urbanistica – e guardando alle prime leggi regionali in proposito – il piano intercomunale è previsto, ad esempio, dalla Lr Lombardia 51/1975, all’art. 14 “Piani regolatori generali e piani regolatori intercomunali”. È un articolo breve, in quattro commi, che al terzo di questi prevede che “Due o più Comuni contermini costituiti in Consorzio volontario […] possono adottare un piano regolatore intercomunale sostitutivo a tutti gli effetti dei piani regolatori comunali” con modalità di formazione e approvazione uguali a quelle del Prg, “intendendosi sostituito il Consorzio ai singoli Comuni”.
Così, analogamente, la Lr Piemonte 56/1977 nel suo attuale testo coordinato, dedica l’art. 16 ai “Piani regolatori intercomunali”. Questo articolo declina le indicazioni dell’art. 11, intitolato significativamente “Finalità del Piano regolatore generale comunale e intercomunale”, intendendo e prevedendo fin da subito la fungibilità del Pri con le medesime finalità e funzioni del piano comunale. All’art. 16, c. 1 si legge che “Due o più comuni contermini, uniti o associati per la formazione congiunta del Prg, possono adottare un piano regolatore intercomunale sostitutivo, a tutti gli effetti, dei piani regolatori comunali”. Ma è significativo di uno specifico orientamento il comma 3, col quale “La Regione promuove l’associazione dei comuni per la formazione dei relativi piani regolatori generali intercomunali. A tal fine gli strumenti di pianificazione regionale possono fornire indirizzi e criteri per la delimitazione delle aggregazioni intercomunali” (corsivo mio).
Non meno rilevante, però, è che, nella sua precedente formulazione, l’art. 16 della legge piemontese stessa fosse intitolato “Piani regolatori intercomunali di Comuni consorziati e di Comunità montane”, istruendo esplicitamente la connessione e le ragioni d’opportunità della pianificazione intercomunale in relazione alla specificità dei territori allora raccolti in “Comunità montane” (prima della loro abolizione). La formazione congiunta del piano regolatore intercomunale poteva rappresentare l’opzione – sostitutiva “a tutti gli effetti” del Prg individuale – per i Comuni che si fossero riuniti in Consorzio volontario oppure per “La Comunità montana, se delegata espressamente dai Comuni appartenenti ad essa o costituenti aree sub-comunitarie”. Va notato, infine, che anche in questa precedente versione della Lr del Piemonte, già si esplicitava l’indirizzo – la tensione programmatica – per cui “La Regione, promuove l’associazione dei Comuni non compresi nelle Comunità montane per la formazione consortile dei relativi Piani regolatori generali intercomunali”.

Nelle leggi regionali di seconda generazione

Ma qual è la presenza e il trattamento del piano intercomunale nelle leggi regionali di ‘seconda generazione’, successive cioè ai tentativi di riforma inaugurati negli anni ’90 dalla Lr Toscana 5/1995?
Il quadro è assai – e per certi versi assai sorprendentemente – variegato.
Le regioni che si confrontano con il maggior livello di frazionamento amministrativo sono proprio il Piemonte (con quasi 1200 comuni) e la Lombardia (con più di 1500) rispetto ai circa 7900 comuni italiani (do cui il 35% in queste due regioni).
Del Piemonte già si è detto e della lucida tensione della sua legge regionale inaugurale in materia urbanistica verso forme collaborative intercomunali nella pianificazione. [2]
Diversamente, se consideriamo la Lombardia e la sua legge di seconda generazione, Lr 12/2005, vediamo come la dimensione di una pianificazione intercomunale in forma associata sia solo timidamente avanzata, e nemmeno nel suo testo originario, ma solo attraverso sue successive modifiche (con le Lr 31/2014 e, quindi, Lr 18/2019). Tali modifiche, all’art. 7, dedicato al Piano di governo del territorio, introducono il comma 3bis, con il quale flebilmente si enuncia l’indirizzo per cui “La Regione promuove la pianificazione coordinata volta alla condivisione delle politiche territoriali, ambientali, paesaggistiche e infrastrutturali tra più comuni. Si definiscono piani associati gli atti di pianificazione sviluppati tra più comuni secondo le modalità di cui all’art. 13, c. 14”.
Anche la Lr Emilia-Romagna 20/2000, forse perché impegnata soprattutto a riconfigurare il piano urbanistico in tre componenti, in quella che a lungo è stata ritenuta la migliore interpretazione per una riforma urbanistica, non dedicava spazio al piano intercomunale, se non con l’introduzione (per effetto delle modifiche apportate dalla Lr 9/2009) – al Capo III “Forme di cooperazione e concertazione nella pianificazione”, art. 13 “Metodo della concertazione istituzionale” – del comma 3bis, che recita: “I Comuni che concordano di esercitare le funzioni di pianificazione in forma associata possono predisporre ed approvare piani urbanistici intercomunali”.
Tuttavia, questo che nella legge 20 è solo un accenno, aprirà lo spazio per il ben più esplicito riferimento alla pianificazione intercomunale portato dalla successiva Lr 24/2017. In quest’ultima, all’art. 3 (Adeguamento della pianificazione urbanistica vigente e conclusione dei procedimenti in corso), comma 6 (per come modificato e poi sostituito rispettivamente dalle Lr 22/2018 e 17/2019) si evidenzia, infatti, la volontà della Regione di promuovere l’adeguamento degli strumenti urbanistici alla nuova legge, anche con la concessione di contributi in questa direzione, “dando priorità ai piani urbanistici generali delle Unioni di Comuni cui sia stato trasferito l’esercizio della funzione di pianificazione urbanistica e in secondo luogo ai piani intercomunali, con preferenza per quelli che presentino il maggior numero di Comuni coinvolti”. All’art. 30, esplicitamente e unitariamente intitolato “Strumenti urbanistici dei Comuni e delle loro Unioni e piani intercomunali”, ben quattro dei suoi sei commi sono indirizzati a disciplinare e dare impulso esplicito alla formazione di piani urbanistici intercomunali, con particolare riferimento (ma non solo) alle “Unioni cui sia stato conferito l’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica”.
Altrettanto esplicito è l’impulso alla pianificazione intercomunale promosso dalla Lr Toscana 65/2014. All’art. 10 (Atti di governo del territorio) il c. 2 elenca i cinque “strumenti della pianificazione territoriale”: il Piano di indirizzo territoriale; il Piano territoriale di coordinamento provinciale; il Piano territoriale della città metropolitana; il Piano strutturale comunale; e, appunto, il Piano strutturale intercomunale.
Il successivo c. 3 elenca, invece, gli “strumenti della pianificazione urbanistica” entro cui si contemplano i piani attuativi, comunque denominati, il piano operativo comunale e il piano operativo intercomunale, per come introdotto con una modifica portata dalla Lr 69/2019.

Manifestazioni di una necessità e urgenza (in ordine sparso)

Il panorama della intercomunalità si presenta, dunque, estremamente differenziato. E questa rassegna critica potrebbe continuare nel sondaggio della varietà dei diversi atteggiamenti, secondo l’articolazione regionale del Paese.
Un accenno, tuttavia, merita il Veneto in cui a una effettiva attenzione alla pianificazione intercomunale non si è accompagnata una più ampia capacità di riforma degli istituti della cooperazione e dell’associazionismo intercomunale. Comunque, al di là di una valutazione di merito circa la loro qualità, la Lr 11/2004 Veneto ha introdotto la possibilità di sviluppare Piani di assetto del territorio intercomunali con caratteri di generalità o anche solo tematici, con piani approvati che coinvolgono 130 comuni per la prima fattispecie e 95 per la seconda, al 2023.
Uno sguardo interessante, per così dire propedeutico all’intercomunalità nella pianificazione urbanistica, è quello, anche solo statistico, relativo alle Unioni di comuni che sono 661 in Piemonte e coinvolgono il 56% dei comuni; 132 in Lombardia (per il 9%); 259 in Emilia-Romagna (per il 78%); 134 in Toscana (per il 49%); 51 in Veneto (per il 9%).
Urbanpromo 2023 ha presentato il convegno “Il punto sulla pianificazione intercomunale” – inteso a fornirne un significativo spaccato, attraverso esperienze in Piemonte, Toscana ed Emilia-Romagna.
Chiudo con una statistica che apparirà un po’ singolare, e tuttavia significativa. In questi ultimi due anni, come relatore, ho avuto modo di seguire 10 tesi magistrali presso il Politecnico di Milano. Io non assegno il tema di tesi ai candidati, ma accolgo le loro proposte. Ebbene tre di queste tesi – potrei dire, quindi, il 30% delle tesi che mi sono state proposte – hanno inteso avanzare progetti di pianificazione intercomunale (in particolare per i comuni dell’Argentario, [3] per le valli bergamasche, [4] e per l’ambito territoriale del basso fiume Mella in Lombardia [5]) per situazioni rispetto alle quali gli studenti (agendo singolarmente, senza alcun coordinamento tra loro e senza mia nessuna sollecitazione in questa direzione, e senza che questo tema avesse costituito un oggetto particolare dei miei insegnamenti) hanno riconosciuto in questa – in una pianificazione intercomunale – una ineludibile necessità. Questa manifestazione insorgente di interesse mi è parsa essere davvero suggestiva, circa l’attualità del piano intercomunale per la pianificazione urbanistica e il suo progetto, oggi.

[1Rispetto all’esperienza bergamasca rinvio a quanto contenuto in Bonfantini (2022).

[2Si veda Civallero (2024).

[3Benvenuti M. (2023), Un legame necessario. Nuove sinergie per uno scenario di riattivazione della Costa d’Argento, tesi di Lm, Politecnico di Milano, a.a. 2022-23.

[4Bellini F. (2024), Oltre i confini. Prospettive urbanistico-territoriali per la Val Seriana e la Val Brembana, tesi di Lm, Politecnico di Milano, a.a. 2023-24.

[5Mazzoletti M. (2024), Nuovi sguardi, esplorazioni ed esigenze nel campo della pianificazione intercomunale. Il territorio tra il basso fiume Mella e il Gambara, tesi di Lm, Politecnico di Milano, bozza (dalla raccolta di fonti e dalle elaborazioni statistiche contenute nel lavoro di Mazzoletti sono tratti alcuni dei dati qui sinteticamente citati).

Riferimenti bibliografici

Bonfantini B. (2022), “Milano: figure per una dimensione intercomunale”, in C. Giaimo (a cura di), Contenuti e strumenti della pianificazione urbana e territoriale: dalla lezione di Giampiero Vigliano alle prospettive del Green New Deal, Urbanistica Dossier online, no. 27, p. 34-41.
Bottini F. (2006), Sovracomunalità 1925-1970: elementi del dibattito sulla pianificazione territoriale in Italia, FrancoAngeli, Milano.
Civallero C. (2024), “Sovra/intercomunalità e piccoli centri. Tre geografie in Piemonte”, Territorio, no. 108.

Data di pubblicazione: 30 dicembre 2024