La programmazione e pianificazione strategica, e a valle la gestione del cambiamento, delle quattordici aree metropolitane rappresenta una grande opportunità per il paese in una fase storica come quella attuale. Un’opportunità di innovazione almeno per tre tematiche cruciali: nei processi decisionali, nella mobilità e per il Sud. La carta di Reggio Calabria a tal proposito richiede e auspica che i tre temi siano posti come priorità e all’attenzione del legislatore.
Innovare i processi decisionali significa aprire nuove frontiere basate sulla condivisione e la collaborazione. Gli approcci che ancora vengono proposti persino dall’ANCI con il progetto “START CITY
– Le Città Metropolitane innesco del rilancio economico del Paese” in corso per mettere a punto nuovi modelli di pianificazione delle aree metropolitane, sono vecchi e consumati e non vi si legge alcuna innovazione ne contenutistica ne processuale. Vedere nell’economia l’unica strada potenzialmente risolutoria della rigenerazione e rivitalizzazione delle principali città italiane senza considerare l’indispensabilità di metodi sistemici e multidisciplinari che creino gli innesti e le coesioni necessarie a creare e facilitare condizioni per il benessere comune e dei singoli, è pura illusione storicamente dimostrata e confermata. Ma accanto a ciò, e quindi alla necessità di considerare nel processo pianificatorio prima e gestionale durante e dopo, approcci sistemici e complessi che siano frutto di interrelazioni disciplinari, emerge l’opportunità di sperimentare anche nuovi processi partecipativi e decisionali. In particolare l’approccio della condivisione (sharing economy) rappresenta una carta innovativa che va giocata con decisione in questo periodo storico. Si tratta di verificare nuove visioni di gestione della programmazione e delle responsabilità in modo equanime tra gli attori dello sviluppo ovvero l’amministrazione pubblica, le imprese, le imprese sociali e i cittadini. Si sente infatti ormai come improrogabile innescare una nuova crescita, integrando il concetto di progresso economico e progresso sociale, sostenendo che è l’intera società che deve rivisitare le singole attuali posizioni e interazioni considerando il progresso come una obiettivo unitario e integrato e non come derivata di una lotta tra opposte concezioni, tra permessi e licenze, tra profitto e responsabilità sociale. (Kramer e Porter 2011; Tapscott e Williams 2010). Sono segnali ancora non molto vistosi che però iniziano a far intuire alcuni possibili nuovi percorsi, nuovi comportamenti, nuove fedeltà. Collaborazione, empatia, assertività, sociale, qualità, rete, sistemi, integrazione, indipendenza, sono alcuni ingredienti di questi percorsi ancora da costruire. Ben dice Nowak quando afferma che “Forse il maggior aspetto rimarcabile dell’evoluzione è la sua l’abilità di generare competizione in un mondo competitivo quindi noi potremmo aggiungere la cooperazione naturale come il terzo fondamentale principio di evoluzione dopo la mutazione e la selezione naturale” (NOWAK 2006).
Altro aspetto innovativo è quello della mobilità locale e interurbana nonché la rigenerazione di parti strategiche delle città. Dati e informazioni di base ne evidenziano molte criticità e differenze con gli standard europei – e che lo hanno fatto battezzare come “spread della mobilità urbana” (Cascetta, Pagliara 2015) – quali tra gli altri:
22 km di reti metropolitane per milione di abitanti contro una media europea di 70;
62% di spostamenti in auto contro una media del 43% nelle città sopra i 250.000 abitanti;
22% e 15% di utilizzo del TPL e di modi muscolari contro una media del 32% e 25%;
A valle degli aspetti strategici e gestionali che il disegno di legge sul Trasporto Pubblico Locale si auspica definisca al più presto (Strategie pubbliche e gestioni private?), c’è l’opportunità di avere una sorta di cambio di paradigma del trasporto collettivo pubblico attraverso un utilizzo più produttivo delle linee ferroviarie. Non è un sogno impossibile.
A oltre venti anni di distanza dai Piani Direttori che le Ferrovie dello Stato proposero ai Comuni (conosciuti come “cura del ferro”, prendevano in considerazione con un approccio integrato l’alta velocità, il trasporto locale, il trasporto delle merci e la valorizzazione delle stazioni e delle aree ferroviarie dismettibili), possiamo constatare che la cura non ha dato molti frutti. Oggi ci sono i presupposti per avviare nuovi processi di intervento. Occorrerà un assetto di pianificazione integrata dei servizi di trasporto collettivo, una razionalizzazione ed una specializzazione funzionale tra bus extraurbani e ferrovie regionali, una forte politica tariffaria e infrastrutturale tendente a facilitare al massimo l’uso del trasporto pubblico, un approccio sostenibile (recenti studi hanno dimostrato come il costo di un metro cubo di uffici e commercio possa arrivare a diminuire intorno al 20% se realizzato in prossimità – 1 km – di stazioni di ferrovia e metropolitana urbana grazie alla minore incidenza di inquinamento e di incidentalità dovuta alla diminuzione di traffico su gomma causata dagli utenti e addetti attratti dagli spazi (cipollini 2011). Fattore imprescindibile e dirimente una politica basata sul trasporto pubblico e sul potenziamento della mobilità sul ferro stante la quantità di linee ferroviarie e stazioni e fermate (esistenti e potenziali) presenti in tutte queste città.
Nello specifico le variabili che invitano urgentemente ad avviare una fase di progettazione e programmazione riguardano sia aspetti tecnici sia economico-patrimoniali e in particolare:
gli interventi tecnologici per avere frequenze dei treni fino a 2-3 minuti che consentirebbe di arrivare a triplicare l’offerta di posti-passeggeri.
il rinnovamento del materiale rotabile;
la riqualificazione funzionale delle stazioni/fermate urbane e comprensoriali per adeguarle al maggior flusso passeggeri e all’interscambio modale;
la rigenerazione delle aree dismesse ferroviarie attraverso accordi diretti di cessione ai Comuni, abbandonando le politiche avviate agli inizi degli anni 90 di valorizzazione diretta da parte di FS, consentendo così di:
Infine il tema del Sud e delle comunicazioni tra le sue aree metropolitane. Il divario che si è venuto a creare nell’ultimo ventennio con il Nord del paese ha assunto dimensioni allarmanti e ormai decisive per ridefinire urgentemente una nuova politica che veda l’intera macro regione condividere perlomeno due aspetti: una governance unitaria degli aspetti geo-politici e la definizione di linee strategiche e programmatiche su alcuni temi vitali.
Nel primo caso si tratta della definizione e della scelta di forme organizzative che ottimizzino il rapporto tra i centri decisionali regionali, nazionali e europei, così da programmare e realizzare politiche macro regionali per alcuni settori strategici quali i trasporti e la logistica, il turismo e le aree metropolitane, ma anche la ricerca e l’innovazione, la sanità, l’industrializzazione. Sono temi cruciali sui quali, anche se con diverse priorità, occorre condividere e concordare politiche integrate derivanti sia da aspetti economico-culturali-territoriali (trasporti, infrastrutture, aree metropolitane) sia da aspetti economico-dimensionali (sanità, ricerca, industrializzazione, turismo). Sul lato trasporti in particolare occorre programmare e attuare azioni che consentano da un lato di razionalizzare le politiche portuali e aereoportuali indispensabili tra l’altro per essere attivi nel Mediterraneo e dall’altro di facilitare la mobilità intra-sud ferroviaria e stradale. Altro punto decisivo, oltre la definizione e gestione dell’assetto complessivo delle cinque aree metropolitane di cui abbiamo fatto cenno nei punti precedenti, è quello della condivisione competitiva tra di esse e delle relative interrelazioni. Il primo aspetto concerne l’opportunità di condividere la scelta di alcune funzioni strategiche senza sovrapposizioni inutili. Non si tratta di pianificare tutto, ma si di fare scelte decisive per creare quelle condizioni essenziali, che evitando sprechi di risorse, consentano di raggiungere nuovi livelli di benessere della popolazione derivante dal fare e non più dall’aspettare.
Ma le funzioni e i ruoli crescono e si sviluppano se è solo a condizione che siano interrelate tra di loro e creino un nuovo sistema adottivo funzionante. Per questo, passando dalla teoria alla pratica, essenziale diventa la possibilità e la capacità di consentire le connessioni anche materiali tra le aree metropolitane meridionali. Così come oggi Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Milano e poi Torino e Venezia si interrelano, parlano e scambiano prodotti, servizi, idee e progetti grazie anche ai servizi di collegamento su ferro, gomma e aerei, così si dovranno creare le condizioni tra Palermo, Catania, Napoli, Bari e Reggio Calabria, con l’aggiunta dei collegamenti via mare. Oggi tutto questo é molto complicato è troppo spesso il tempo e il costo del trasferimento ostacolano fortemente qualsiasi connessione e quindi alcune delle condizioni di base per lo sviluppo sociale e economico.
Cascetta E., Pagliara F., Le infrastrutture di trasporto in Italia, Aracne Editrice. Ariccia (RM) 2015
Cipollini C. (a cura), (2011), La città che vive. trasformazioni urbane e mobilità sostenibile, Camera di Commercio di Roma, Asset Camera, Retecamere s.c.r.l., ESA
Nowak M.(2006), Five rules for the evolution of cooperation. Science
Porter M., Kramer M. (2011), “Creare valore condiviso”, Harvard Business Review Italia, 1-2, gennaio-febbraio
Tapscott D., Williams A.D. (2010), Macrowikinomics, Rizzoli, Milano.