L’ambiente è ciò che circonda e che interagisce con un organismo e comprende l’insieme delle condizioni fisiche, chimiche e biologiche in cui si stabilisce una vita di comunità dei diversi organismi nel corso della loro esistenza. L’ambiente biotico è costituito dalla componente vivente (piante, animali, microrganismi, virus, etc.) e include le relazioni tra gli individui della stessa e delle altre specie, oggetto di studio dell’ecologia. L’ambiente abiotico è costituito dalla componente non vivente. Tutti gli organismi hanno una capacità di adattamento alle variazioni ambientali ma sono comunque in grado di vivere solo in determinate condizioni. Il complesso dei vari ambienti nei quali si svolge la vita costituisce la biosfera.
Una maggiore coscienza dell’uomo non più come dominatore della natura, ma come parte integrante di essa inizia a svilupparsi negli anni ’60, in particolare nei paesi industrializzati, dove gli effetti della crescita illimitata si manifestano in forma di eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, inquinamento e degrado dell’ambiente, perdita di biodiversità. Già nel 1962 Rachel Carson, in Silent Spring, descrive i danni in seguito all’inquinamento del suolo e delle acque dovuto all’agricoltura chimica negli USA; nel 1971 Barry Commoner, in The Closing Circle, individua nel modello economico dominante la causa principale della rottura dei cicli naturali (dell’acqua, dell’ossigeno, del carbonio, etc.) che regolano la vita degli ecosistemi, auspicando interventi urgenti per ristabilire ‘il cerchio della natura’, quello che oggi chiameremmo economia circolare. La nascita della ‘questione ambientale’ risale al 1972, quando il Club di Roma fondato da Aurelio Peccei pubblica The limits to Growth, che predice le conseguenze negative della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana.
La Conferenza Onu su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro 1992 consolida il principio dello sviluppo sostenibile, elaborato dalla Commissione Brundtland nel 1987, sulla base di due concetti di fondo: l’ambiente come dimensione essenziale dello sviluppo economico e la responsabilità intergenerazionale nell’uso delle risorse naturali. Il tema conquista progressivamente maggiore spazio nel dibattito pubblico, le tematiche ambientali iniziano a incidere in maniera significativa sui processi di pianificazione ed esercitano una sempre maggiore influenza sulle politiche urbane e territoriali e sui modelli di produzione. Il concetto di sviluppo sostenibile impone anche una decisa revisione degli strumenti tradizionali di governo del territorio con l’obiettivo di non compromettere il naturale rinnovamento delle risorse.
Anche alla luce degli evidenti cambiamenti climatici, è ora coscienza comune il fatto che i problemi ambientali condizionino profondamente le prospettive stesse dello sviluppo a livello globale e locale, in particolare nelle città ove è massimo l’impatto dell’uomo sull’ambiente. L’ambiente urbano, infatti, ove è elevata la concentrazione della popolazione e delle sue attività economiche, è un luogo di importazione e di consumo di enormi quantità di energia e di risorse naturali e, al tempo stesso, produttore di scarti: dalle emissioni di industrie, veicoli e impianti di riscaldamento ai rifiuti solidi e liquidi. È quindi il luogo dove le azioni di tutela e di ripristino degli ecosistemi sono più urgenti e dove ridurre, da un lato, gli impatti negativi e le pressioni e, dall’altro, assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso: riqualificazione dell’esistente, ripristino dei cicli naturali, sviluppo delle infrastrutture verdi e blu, mantenimento e ripristino della biodiversità e dei servizi ecosistemici, cambiamento dei modelli di produzione, consumo e mobilità.
A livello europeo, l’ambiente costituisce uno dei principi cardine dell’UE e lo sviluppo sostenibile è posto a fondamento delle azioni e delle politiche in materia ambientale fin dal 1987, quando vengono definiti i principi e le finalità dell’azione dell’UE in tale campo. Oggi, la transizione ecologica, ovvero il passaggio da un sistema economico e produttivo intensivo e non sostenibile a uno basato sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, è al centro del dibattito politico e dell’azione comunitaria con l’obiettivo di rilanciare l’economia e i settori produttivi mettendo al centro la tutela dell’ambiente e della biodiversità. La transizione ecologica è anche uno dei pilastri del Next Generation EU, il più ingente pacchetto di misure economiche mai finanziato in Europa e con il Green Deal la Commissione vuole trasformare l’UE in un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, puntare a essere il primo continente a impatto climatico zero, assicurare aria e acqua pulite, un suolo sano, la tutela della biodiversità e il ripristino degli ecosistemi danneggiati dalle aree agricole ai mari, dalle foreste agli ambienti urbani.
In Italia, a febbraio 2022, sono state approvate le modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione che introducono la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli animali tra i principi fondamentali e il Piano per la transizione ecologica individua come aree prioritarie di intervento: decarbonizzazione, mobilità sostenibile, riduzione dell’inquinamento dell’aria, azzeramento del consumo di suolo, contrasto al dissesto idrogeologico, miglioramento della gestione risorse idriche, ripristino e rafforzamento della biodiversità, tutela del mare, promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e della agricoltura sostenibile.