Urbanistica INFORMAZIONI

Accessibilità universale

Condizione dell’accesso di tutte le persone al funzionamento urbano e territoriale. La sua attuazione, che si muove nella finalità migliorativa, ha forti caratteri di complessità e multiscalarità riguardando gli ambiti collettivi e individuali della vita. Introduce un ruolo ineludibile nella pianificazione urbanistica socialmente utile interagente senza scampo con gli ambiti dei diritti sociali, delle garanzie democratiche, dell’etica progettuale, dei sistemi relazionali, dei servizi di welfare, del benessere e della qualità della vita.
La persona, ovviamente, è il soggetto centrale sia nella funzione di interprete e sia in quella di destinatario. Considerare questo dualismo come punto di analisi del ‘pianeta’ accessibilità, al quale fare riferimento, consente di allargare la visuale sui limiti che le persone trovano nell’accesso al funzionamento urbano ma anche sulle differenti disabilità vissute dalle stesse persone. Riconducibili all’architettura dei luoghi e dei percorsi pubblici e privati, le barriere sono fisiche, cognitive, sensoriali, percettive, comunicative e intellettive, alle quali si aggiungono, nell’ambito della vitalità urbana, le barriere culturali, sociali, di genere, relazionali, sanitarie, economiche e di reddito. Barriere e disabilità esprimono impianti complessi e multiscalari che, più in generale, ‘spingono’ i ruoli della pianificazione, della programmazione, del progetto e della gestione a interagire e a confrontarsi con l’assetto storicoculturale.
Conseguentemente il significante di accessibilità-universale non è una percezione statica che, allorquando è avvertita, assume caratteri immutabili, ma è sentimento dinamico e variabile legato al ‘clima’ politico del tempo in cui si manifesta. È un traguardo sempre più irrinunciabile e ‘crescente’ per le politiche attive inerenti l’inclusione sociale nonché per consentire i massimi livelli possibili di autonomia e indipendenza degli esseri umani. Limitando l’area e il periodo storico di riferimento, rispettivamente all’Italia e agli anni repubblicani, è con la Legge costituzionale del 1948 che si pongono le basi dell’accessibilità-universale, seppure non esplicitamente indicata, individuando in tutti i cittadini i destinatari da considerare, nella dignità e nell’uguaglianza i diritti fondamentali da garantire, nella Repubblica il soggetto che deve attuare l’intervento. [1]
Purtroppo da quelle fondamenta non ha preso forma il processo che i padri costituenti si auspicavano. Devono trascorrere due decenni per fare emergere il corpo sociale delle persone con disabilità che a partire dal ’68, proprio come gli studenti e altri gruppi sociali, riuscirà a fare sentire la propria voce e a ottenere il primo regolamento a livello nazionale sull’abbattimento delle barrire architettoniche di edifici pubblici e privati (Alimena 2021). Però l’intervento è ancora distante dalla dimensione integrata, orientata alla costruzione di welfare inclusivi, equi ed efficienti, che prendono forma nel 2006 con la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità finalizzata a combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani.
Il trattato internazionale, che in seguito sarà sottoscritto anche dall’Italia, [2] sottolinea l’importanza di integrare i temi della disabilità nelle strategie sullo sviluppo sostenibile, riconosce che la discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità e del valore connaturati alla persona umana, considera che le persone con disabilità dovrebbero avere l’opportunità di essere coinvolte attivamente nei processi decisionali relativi a politiche e programmi, inclusi quelli che li riguardano direttamente, sottolinea la necessità di incorporare la prospettiva di genere in tutti gli sforzi tesi a promuovere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità.
Dal 2015, una parte di Stati aderenti alle Nazioni unite, si è data la scadenza del 2030 con uno specifico impegno per “rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”.3 Il raggiungimento di questo obiettivo implica ovviamente un percorso articolato di politiche, strumenti, progetti che deve avvenire prima, così il provvedimento stabilisce che entro il 2020 devono aumentare notevolmente il numero di città e di insediamenti umani che adottino e attuino politiche e piani integrati verso l’inclusione. [3]
Purtroppo, per l’Italia, non risulta soddisfatta la scadenza del 2020. Appare necessario quindi un impegno collettivo verso l’accessibilità-universale mettendo in atto le linee guida dell’Universal design e le buone pratiche [4] sviluppate all’interno del ‘pianeta accessibilità’, che insegnano quanto le progettualità sviluppate ricorrendo alla partecipazione diretta e all’inclusione anche nelle fasi di gestione, siano in grado di portare più facilmente al successo dotazioni e prestazioni migliorative.

Riferimenti

Onu (2015), Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Onu (2006), Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Alimena E. (2021), Lotta per l’inclusione. Il movimento delle persone con disabilità motorie negli anni Settanta in Italia, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento.

[1Costituzione italiana, Articolo 3.

[2Legge 18/2009 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita”.

[3Goal 11, Agenda 2030.

[4Si vedano le Linee guida e le oltre 200 esperienze pubblicate in http://atlantecittaccessibili.inu.it/.

Data di pubblicazione: 28 maggio 2023