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Bene comune Territorio. Riflessioni e propositi per la città di Palermo

Con il ritorno di Leoluca Orlando alla guida di Palazzo delle Aquile, i tradizionali assessorati comunali sono stati ridenominati anteponendo a tutti l’espressione “Bene comune”1. In particolare all’urbanista Agata Bazzi è stata affidato l’Assessorato “Bene comune Territorio” con deleghe ai lavori pubblici, edilizia privata, manutenzioni, centro storico e borgate, secondo un preciso orientamento a privilegiare, in una prima fase del lavoro, gli interventi urgenti, la tempestività, la visibilità, le risposte immediate. In questa nota, riflessioni e propositi su una città come Palermo dove ci sono molte cose da fare.

Quando sono tornata da Milano, nel 1995, ho avuto la possibilità – lavorando con l’amministrazione Orlando come Dirigente a contratto all’Urbanistica – di partecipare alla redazione di strumenti (il Prg, il Prust, i Contratti di Quartiere, il Ppe del centro storico), ma non di vederne compiutamente gli effetti. Poi ci sono stati dodici anni di amministrazioni diverse e Palermo è cambiata, ma di questo cambiamento non c’è una rappresentazione strutturata e coerente. Da poche settimane Leoluca Orlando mi ha scelta come Assessore, penso per rispondere a intenzioni e urgenze precise: riorganizzare degli uffici più compromessi, attuare rapidamente interventi piccoli e grandi, recuperare il denaro inutilizzato, trovarne di nuovo.
Penso e spero che il sindaco, nell’affidarmi tutte le deleghe operative, abbia confidato anche nel mio essere urbanista, nella mia cromosomica attitudine ad agire rispondendo a un progetto unitario e sensato, coerente e civile, che dà significato alle singole azioni. Il lavoro tecnico dell’urbanista è, infatti, lavoro lento e schivo, costruisce la programmazione del cambiamento sul tempo lungo. Lo strumento del Prg, per la sua natura procedurale ha, con la realizzazione concreta, una relazione lenta e dilatata.
Invece, in questa fase della vita della città, il tempo della programmazione è ritardato ma non escluso, anche perché sugli strumenti già a disposizione le idee non sembrano troppo chiare.
Mi sembra che il problema principale sia oggi riflettere, prima di tutto in termini culturali, su quali siano i contenuti profondi della storia di questi ultimi vent’anni e quali siano le direzioni che questa amministrazione vuole far prendere alla città.
Negli anni Novanta, l’amministrazione Orlando ha prodotto una Variante generale del Prg, su progetto di Perluigi Cervellati. Palermo ha sofferto di dieci anni di paralisi durante la sua redazione. Ma era indispensabile ed è stato giusto. Il Piano, allora, ha proposto una città che ritrovava la sua forma e la sua organizzazione a partire dalla struttura consolidata dalla storia, secondo una interpretazione dello sviluppo come qualità del vivere urbano.
Il centro storico, straordinario cuore monumentale, andava protetto e recuperato nei suoi caratteri fisici e funzionali. Così si è voluta la residenza mista (quindi anche cooperative e Iacp), i beni monumentali con destinazione culturale e terziaria, il mantenimento dei mercati storici e dell’artigianato di servizio. Si è scelto, consapevolmente, il recupero filologico dell’edilizia anche minore, contro la scuola di pensiero che dice che ogni epoca ha il suo linguaggio. Il resto della città era organizzato per municipalità, ciascuna con un suo centro fisico e simbolico nelle borgate storiche inglobate nella città moderna. La città era innervata da un connettivo di spazi verdi e verificata nella dotazione quantitativa dei servizi. E, infine, il Prg prevedeva il recupero della costa, in termini ambientali e di fruizione pubblica.
Il grandissimo sforzo compiuto in quegli anni per reperire risorse finanziarie ha avuto successo e il processo di riqualificazione è stato in parte avviato, soprattutto nel centro storico. E per quanto questo Piano sia stato approvato con modifiche e più volte, non lo si è mai potuto stravolgere completamente.
I dodici anni successivi sono stati caratterizzati da tre processi contemporanei segnati da:
a. le risorse residue degli anni Novanta: iniziative avviate che lentamente sono andate avanti, con lo scrupolo professionale e tecnico di alcuni, in particolare di chi ha curato i ll.pp., seguendo meccanismi normativi difficilmente smontabili (come la residenza in centro storico), che hanno consentito un lentissimo e del tutto insufficiente, ma coerente, proseguire in conformità al Piano regolatore;
b. le teorie di sviluppo basato su grandi interventi infrastrutturali: il desiderio di grandi investimenti privati, l’obiettivo di un policentrismo appoggiato a nuovi centri terziari, hanno prodotto strumenti urbanistici non convenzionali, con grande sforzo progettuale, troppo grande per comprendere anche la riflessione procedurale sull’attuazione;
c. disperanti lentezze, disfunzioni e progetti di un destino diverso: la città vera è stata trascurata, pochissimi gli investimenti, nessuna attenzione al quotidiano e alla qualità della vita.

Dodici anni di incuria, sovrapposta alla crisi economica, hanno prodotto una città disperata e degradata.
La città è cambiata seguendo due logiche: le risposte immediate del mercato alle opportunità che di volta in volta si sono presentate, risposte agevolate da un’amministrazione che ha ascoltato molto l’imprenditoria e poco i cittadini; l’auto organizzazione dei cittadini, le iniziative spontanee e non strutturate.
Sono nati, rapidamente, due grandissimi centri commerciali, alle estremità geografiche del territorio comunale secondo un modello che nel resto del mondo vigeva alcuni decenni prima. Sono nati in assenza di urbanizzazioni primarie, i cui progetti sono oggi ancora da approvare e da realizzare. Il costo di queste urbanizzazioni esprime la scala dell’intervento e dice quanto non è stato dato alla città per reggere l’impatto di queste grandi funzioni. Le urbanizzazioni primarie del Forum di Brancaccio costano 18 milioni di euro e sono all’esame delle commissioni tecniche regionali che devo dare i pareri.
Nel centro storico troppi grandi alberghi stentano a riempirsi, mentre numerosi Bed&Breakfast prosperano anche in assenza di servizi come i parcheggi. Molti spazi del centro storico sono ostaggio di locali non autorizzati e di una vita notturna non regolamentata che rende impossibile la residenzialità. Il movimento in entrata della residenza che aveva caratterizzato il centro storico fino a pochi anni fa si è rallentato e alcuni vanno via. La mancanza di manutenzione, l’uso indiscriminato dello spazio pubblico, l’occupazione di edifici vuoti da parte di immigrati irregolari, l’assoluta assenza di controllo, ha creato esasperazione negli abitanti e diffuso degrado. Si è organizzata un’economia informale di pub, di bancarelle, di musica tutta la notte, che ha anche avuto una benevola accoglienza nei giovani della città, privi di alternative altrove e migliori.
L’abusivismo si vede: deriva principalmente dalla inefficienza della macchina amministrativa. Difficile capirne la dimensione.
L’emergenza abitativa disegna un quadro drammatico. Si parla di tremila famiglie senza casa. Di tutte le iniziative per portare le cooperative in centro storico non se ne è conclusa una. Esauriti gli interventi finanziati negli anni Novanta per l’edilizia residenziale pubblica, oggi si assiste all’occupazione abusiva di scuole e altri edifici pubblici. È stato realizzato un grande edificio di residenza pubblica; per evitare l’occupazione abusiva si è gestito l’insediamento degli aventi diritto per parti, ad opere di finitura non ancora completate e organizzando una sorveglianza anche notturna effettuata dagli stessi assegnatari delle abitazioni. Risposte autogestite a una pressione sociale fortissima.
Tutte le duecentottanta scuole hanno bisogno di manutenzione. Mancano i soldi, ma manca anche l’organizzazione: quando si finiscono le opere, nel tempo di allacciare le utenze, le scuole vengono vandalizzate.
Oggi due città diverse esprimono differenti e forse inconciliabili visioni del futuro urbano. Due mondi culturali si guardano in faccia non proprio amichevolmente. Un mondo crede che lo sviluppo sia quello che passa dalla riqualificazione, dall’azione vicina alla città esistente, dall’alzare la soglia della vivibilità, raggiungendo un punto di dignità urbana. L’altro ritiene che la riqualificazione sia effetto secondario di grandi investimenti, di trasformazioni strutturali supportate da ingente sforzo economico pubblico ma soprattutto privato. In mezzo, ovviamente, ci sono i cittadini, troppo provati per esprimere una volontà civica in modo aggregato.
Per l’Amministrazione è molto difficile in questo momento esprimere una posizione unitaria e decisa. Presumibilmente sarebbe anche sbagliato, si diventerebbe l’Amministrazione di una parte, non di tutti. In questo senso, lo sforzo di tenere unita la squadra passa attraverso la mitigazione delle opinioni personali, il raffreddamento di qualunque forma di conflitto.
Palermo ha bisogno di essere rassicurata, sfinita com’è dall’abbandono, dalle azioni – incomprensibili per la maggioranza delle persone – di pochi lontani e indifferenti. Si riflette e soprattutto si lavora per dare segnali non di demagogia ma di rassicurante presenza e attenzione al quotidiano. Numerose, per quanto piccole e diffuse, le prime risposte per una “qualità attiva”:
- riaprire tutti i monumenti e gli spazi culturali incomprensibilmente chiusi e inutilizzati, con occasioni pubbliche di presentazione;
- presenza sulla stampa, sulle reti, nelle piazze del sindaco e di tutti gli assessori; anche i dipendenti sono stati invitati dal sindaco a parlare con la stampa, contravvenendo a una regola non scritta, ma ben conosciuta dagli organi di gestione, che hanno sempre delegato ai politici il rapporto con i media;
- organizzare l’estate a Palermo, pulendo le spiagge, attrezzando i parcheggi, pedonalizzando spazi, attivando artisti di strada, concedendo rapidamente il suolo pubblico per mettere i tavolini sui marciapiedi;
- fare tutte le manutenzioni che si può, le strade, le scuole, i giardini, la pubblica illuminazione.

Ho iniziato ad affrontare il lavoro di assessore guardano in faccia i dipendenti (più di mille!) degli uffici che mi sono stati affidati. Depressione degli abbandonati; speranza degli isolati; preoccupazione di chi ha tratto un tornaconto individuale da un’amministrazione assente. Per tutti la cura è una nuova motivazione. Per il resto, in questo momento, posso solo elencare l’intenzione di intervenire per:
- riqualificare i grandi quartieri periferici, realizzando i servizi, accettando il rapporto pubblico-privato se governato dalla regia pubblica. Zamparini vuole fare il nuovo stadio allo Zen? Perché no, ma all’interno di un Piano articolareggiato che garantisca la contestuale realizzazione delle opere pubbliche con gli oneri di urbanizzazione.
- il centro storico: finora, per la residenza, si è lavorato con contributi a privati proprietari per la riqualificazione dell’edilizia minore (parti comuni). Penso che si debba continuare così, ma coinvolgendo anche alle imprese. Uno strumento utile potrebbero essere le Stu, imprese per la riqualificazione della residenza e pubblico per i beni monumentali. Manutenzione diffusa: strade, piazze, impianti, giardini, realizzando parcheggi piccoli dove possibile. Microinterventi di pedonalizzazione diffusi, regolamentando della vita notturna. Controllo continuo, ma senza coercizione che esaspererebbe una situazione già molto compromessa. È in più, con il potenziamento della residenza e con l’apertura dei cantieri di manutenzione, si può entrare in quelle piazze che sono uno stato nello Stato. Ritrovare le cooperative e riportarle nel centro storico per riuscire a interrompere il consumo delle residue aree agricole.

Dal punto di vista strutturale, ogni assessore è impegnato alla riorganizzazione degli uffici, alla ricognizione delle risorse, all’individuazione delle opportunità concrete.
Per quel che riguarda il mio assessorato, vorrei lavorare per parti e per temi, anche attraverso Piani attuativi (in variante se necessario), al fine di costruire un vero modello di decentramento amministrativo che penso sia l’unica risposta possibile al di sopra di una certa soglia dimensionale.
Coltivo un grande progetto di riorganizzazione amministrativa in due fasi. Abbiamo un modello fantastico: l’ufficio del centro storico, istituito nel 1994. Per la città dentro le mura è stato allora creato un ufficio speciale che concentra tutto: edilizia privata, lavori pubblici, verde, attività produttive, manutenzioni, vigilanza. Allora è stato formato personale qualificato, dai tecnici fino agli operai specializzati nella martellinatura a mano delle basole di pavimentazione. Questo modello ha funzionato così bene che, seppure abbandonato per dodici anni e svuotato di personale e risorse economiche, ha continuato a funzionare meglio che il resto della macchina amministrativa.
Per il futuro si potrebbe quindi pensare a una prima fase caratterizzata da:
- l’ufficio del centro storico che diventa l’ufficio della città storica. Le zone A del Prg (borgate storiche e città ottocentesca) escono dagli uffici dell’edilizia privata; sono dotate di uno strumento agile d’intervento, come Linee Guida per gli interventi, con Protocollo con la Soprintendenza per attivare rapidamente le manutenzioni straordinarie. Il sistema dei contributi ai privati per le parti comuni si allarga a tutta la città storica;
- le sedi delle circoscrizioni che si cominciano a usare per i front office dell’edilizia privata. Così l’edilizia privata si alleggerisce, si rompe il sistema delle corruzioni, si riempiono funzionalmente le sedi delle circoscrizioni che oggi servono soltanto per fare la carta d’identità. Ci sono otto circoscrizioni, di cui una è il centro storico. Possono ospitare piccoli uffici tecnici, presenza concreta dell’amministrazione nelle sedi decentrate.

La fase due è il con progetto finale: ogni circoscrizione diventa, come prevede il Prg, una “Municipalità”. Con al suo interno tutto quello che serve alla gestione corrente, ll.pp. e manutenzioni per prima cosa. Proprio sul modello dell’ufficio del centro storico degli anni Novanta.
Rimane centralizzata la politica dei grandi contenitori monumentali e culturali, delle garndi infrastrutture di mobilità, i grandi interventi privati. Palermo ha circa 800.000 abitanti. Ognuna delle otto Municipalità può diventare una cittadina da 100.000 in media. Ciascuna con un suo piccolo centro storico. Con il suo grande quartiere periferico monofunzionale e disperato. Ogni Presidente di circoscrizione è sindaco della sua cittadina.
Ho sempre pensato che amministrazione e politica siano cose diverse. Comincio a pensare che la buona politica sia, invece, la vera amministrazione. La cattiva amministrazione non ha soltanto abbandonato la città al degrado. Ha agito anche e soprattutto sull’anima delle persone, cittadini e dipendenti comunali. I cittadini hanno reagito con il voto.

Data di pubblicazione: 15 agosto 2012